Egitto: annullata la condanna per la morte attivista-icona

 Shaimaa El-Sabbagh
Shaimaa El-Sabbagh

IL CAIRO – Egitto: annullata la condanna per la morte attivista-icona E’ stata annullata la sentenza che aveva fatto giustizia per Shaimaa El-Sabbagh, la dirigente di un piccolo partito di sinistra egiziano uccisa dalla polizia al Cairo durante un corteo pacifico diventando un’icona della negazione del diritto a manifestare in Egitto, lo stesso paese in cui in questo mese è morto l’italiano Giulio Regeni. 

L’agente che sparò con proiettili di gomma alla schiena della 32enne attivista causandone la morte nel gennaio dell’anno scorso era stato condannato in giugno a 15 anni di reclusione. Ma la Cassazione, il secondo grado di giudizio della giustizia egiziana, ha accolto il suo appello e il processò andrà rifatto: in caso di nuova condanna è possibile un ulteriore appello.

La condanna di primo grado per omicidio preterintenzionale dell’agente delle temute Forze antisommossa ‘Csf’ era stata salutata dai media come una delle poche, e comunque probabilmente la più dura, inflitta a poliziotti che hanno ucciso manifestanti in Egitto dalla rivoluzione del 2011 che portò alla caduta del rais Hosni Mubarak: la stragrande maggioranza dei circa cento agenti processati per le quasi 900 vittime di quella rivolta erano stati assolti o condannati con la condizionale. Per Sabbagh era stato però lo stesso presidente Abdel Fattah Al Sisi a promettere giustizia per quella che aveva considerato come sua “figlia”.

La donna era morta per colpi sparati da solo otto metri di distanza procurandole un’emorragia interna, lesioni cardiache e polmonari: la sua immagine, sanguinante fra le braccia di un uomo che la sorreggeva stringendola alla vita, era divenuta virale sui media di tutto il mondo suscitando emozione anche per l’orfano di sei anni che ha lasciato. Ma soprattutto aveva dato concretezza agli effetti della draconiana legge egiziana ‘Qanun at-tazahor’ che limita il diritto a manifestare colpendo tutti: non solo i Fratelli musulmani, dichiarati terroristi, ma di fatto anche altre formazioni legittime come il Partito dell’alleanza popolare socialista di cui Sabbagh era dirigente ad Alessandria.

Il corteo in cui era stata uccisa, composto solo da una quarantina di persone, voleva deporre fiori piazza Tahrir in memoria delle vittime del 2011 alla vigilia del quarto anniversario dell’inizio della rivoluzione. Pur annunciata, la piccola “marcia dei fiori” non era stata autorizzata dalle autorità alla vigilia dell’anniversario, che come l’anno prima si risolse in un bagno di sangue (23 morti) a causa di violente manifestazioni inscenate dai Fratelli musulmani scalzati dal potere nel 2013.

Come riferiscono media egiziani, l’avvocato dell’agente Yaseen Hatem ha potuto argomentare che le “circostanze eccezionali” create dalla manifestazione non autorizzata avevano “confuso” il giovane di 25 anni primo luogotenente (quindi col secondo grado più basso della polizia egiziana), reso insicuro dall’ “inesperienza”. Il legale, Farid Al-Deeb, ha insistito sulla preterintenzionalità ricordando che se l’agente avesse veramente voluto uccidere avrebbe potuto causare decine di vittime..

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