Egitto, spari e bastonate. Sgomberata moschea dei pro-Morsi. “Ci uccidono tutti”

IL CAIRO – Spari sul minareto, spari nella moschea, bastonate fuori dal luogo di culto. E un grido che viene dall’interno della moschea di al Fatah e che lascia pochissimo margine di interpretazione: “Ci uccidono tutti”. In Egitto, insomma, la guerra civile non si ferma e non dà neppure segnali di allentamento.

Sabato 17 agosto è il giorno dell’assalto militare alla moschea di al Fatah, quella in cui da venerdì sera si erano asserragliati diversi sostenitori dei Fratelli Musulmani. L’esercito, anche in questi casi, non è andato per il sottile: spari, bastoni e cariche. La moschea è stata sgomberata in poco meno di 4 ore: un blitz iniziato poco dopo le 13 italiane e completato prima delle 17.  L’esercito e la tv assicurano che l’opera è completata, ma che in Egitto questo significhi ordine è tutt’altro che vero. Da piazza Ramses, uno dei luoghi simbolo dei pro-Morsi, si leva una colonna di fumo nero. Cosa bruci, e quanto sia esteso l’incendio, per ora non è dato saperlo. Anche perché per i giornalisti, occidentali, tra aggressioni e fermi, è tutt’altro che facile documentare quanto stia accadendo. 

I militari, intanto, non hanno nessuna intenzione di abbassare i toni dello scontro. “Il popolo egiziano è sceso in piazza il 30 giugno contro il fascismo teologico e religioso” dei Fratelli musulmani e del presidente deposto Mohamed Morsi  ha detto in conferenza stampa a Heliopolis il consigliere strategico della presidenza ad interim egiziana, Mustafa Hagazy. Non una dichiarazione incoraggiante.

Toni analoghi da parte dei Fratelli Musulmani che continuano ad annunciare manifestazioni a oltranza. Preoccupa la situazione dei cristiani:  si allunga infatti di ora in ora la lista delle chiese e delle strutture cristiane (ortodosse, cattoliche ed evangeliche) assaltate o bruciate in tutto l’Egitto. Finora si tratta di 49 chiese colpite accertate (la maggior parte di queste bruciate) e decine di attacchi a istituzioni, negozi e case di cristiani. Molti di questi episodi si sono verificati nelle città di Assiut, Minya e Luxor.

Così, dopo il “venerdì della collera”, quello in cui i Fratelli Musulmani hanno organizzato cortei e iniziative di proteste in tutto il Paese culminati in scontri ovunque, anche sabato continuano le violenze. Difficile, quasi impossibile, aggiornare con precisione la conta delle vittime.

Alla mosche di al Fatah, i disordini sono cominciati venerdì quando nel luogo di culto  si erano asserragliati un migliaio di sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi. Sabato mattina le trattative tra militari e Fratelli musulmani permesso l’uscita pacifica della gran parte delle persone. Poi è scattato il blitz, e l’irruzione nella moschea. La trattativa, infatti, sarebbe saltata quando sono state arrestate tre donne uscite dalla moschea. A quel punto sono partite le violenze: spari e bastonate. Aggrediti da un gruppo di anti-Morsi anche alcuni  giornalisti che erano in prossimità della moschea.

I sostenitori di Morsi avrebbero chiesto di non essere arrestati e di essere protetti dal linciaggio da parte dei rivali politici che hanno circondato la moschea. In tarda mattinata, però, testimoni oculari riportano di spari uditi nella piazza antistante e successivamente blindati dell’esercito armati di mitragliatrici pesanti, e della polizia carichi di agenti, si sono visti dirigersi verso piazza Ramses, indicando forse l’imminenza dell’operazione di sgombero della moschea.

Sono in tutto 1.004 i sostenitori dei Fratelli musulmani arrestati venerdì dalla polizia egiziana, la “giornata della collera” che ha visto nuovi sanguinosi scontri al Cairo e in altre città del Paese tra manifestanti e forze dell’ordine. Lo ha annunciato nelle prime ore di sabato il ministero dell’Interno egiziano in un comunicato. Più della metà degli arresti sono stati effettuati nella capitale. Ucciso anche Aman el Badia, figlio della guida dei Fratelli Musulmani, Mahomed, da colpi di arma da fuoco a piazza Ramses al Cairo: lo annuncia la stessa Confraternita. Il figlio di Badia aveva 38 anni, era padre di due figli. La casa della guida dei Fratelli musulmani, Mohamed el Badie, a Bani Suef è stata attaccata e data alle fiamme da dimostranti anti-Morsi.

Intanto la situazione resta critica in tutto il Paese. Dopo che la Farnesina ha “sconsigliato” le partenze verso l’Egitto nella mattina di sabato quasi tutti i voli diretti verso le località turistiche sono partiti completamente vuoti. Inevitabile visto anche che il conflitto sembra lontanissimo da una soluzione.

Venerdì numerose le consultazioni tra i leader europei. Il premier Enrico Letta, dopo una telefonata con il presidente francese François Hollande, in una nota ha affermato di ritenere necessaria un’azione urgente dell’Unione europea per far cessare subito ogni violenza. Intanto la Farnesina, come altri Paesi, ha sconsigliato i viaggi in Egitto e ha invitato i turisti italiani che si trovano in vacanza in località egiziane a non uscire dai resort.

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha autorizzato la commissione Esteri di Palazzo Madama a riunirsi, congiuntamente all’omologa commissione della Camera, martedì 27 agosto alle ore 11, per un’audizione del ministro degli Esteri Emma Bonino sui recenti sviluppi della crisi in Egitto.

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