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Élisabeth Badinter, la femminista miliardaria contro il “neomoralismo” in Francia

di Gianluca Pace |29 Ottobre 2013 12:11

Élisabeth Badinter (foto Lapresse)

PARIGI (FRANCIA) – Élisabeth Badinter, filosofa e femminista, socialista e miliardaria, nella Francia delle tasse ai ricchi di Hollande ha votato il bonus record di 16 milioni di euro per il manager Maurice Lévy, combatte il “vittimismo neofemminista”, la “mollezza” nei confronti dell’Islam radicale e contro l’ultima idea del governo francese: abolire la prostituzione. 

“Esiste la prostituzione libera — dice —, praticata da persone che decidono consapevolmente e senza costrizione di disporre del proprio corpo. Io, da vecchia femminista degli anni Settanta, penso che una donna abbia il diritto di usarlo come vuole. O lo Stato vuole promuovere l’ideale di una sessualità sempre e solo legata all’amore? E chi gliene dà il diritto?” E aggiunge: “La visione prevalente oggi prevede che la donna sia vittima e l’uomo mascalzone. Lo vediamo in tutti i contesti, ma è falso. Dall’America degli anni Ottanta in poi, ha finito per prendere piede questo strano discorso femminista che vuole per esempio proibire la prostituzione, o la pornografia, perché necessariamente strumenti dell’oppressione delle donne. A me sembra un passo indietro”.

Poi la battaglia contro l’Islam radicale: “Le prime ragazzine musulmane nelle nostre scuole erano straordinarie allieve che studiavano più delle altre per integrarsi, e ci riuscivano. Da 15 anni a questa parte assistiamo al grande riflusso: le ragazze di origine maghrebina si coprono, si mettono il velo, si rinchiudono nella dimensione spesso opprimente delle loro famiglie. In Tunisia le ragazze musulmane scendono giustamente in piazza contro il progetto di Costituzione che dà loro un “ruolo complementare” all’uomo, mentre in Francia si mettono il burqa. È deprimente. E una parte della sinistra è troppo accomodante, perché ha il terrore di essere tacciata di islamofobia. In Francia questa è una parola alla moda, che serve per tappare la bocca a chi osa dire la verità: il velo, in molto casi, non è un gesto religioso ma un atto di provocazione politica, di proselitismo, di opposizione militante ai valori della Repubblica”.

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