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“Solo Dio ci ha salvati”: Gerry, surfista di Riccione, racconta come è sopravvissuto allo tsunami in Indonesia

di Maria Elena Perrero |4 Novembre 2010 19:40

“Dio aveva deciso che non era la nostra ora. Solo lui ci ha salvati, perché era impossibile che fossimo ancora vivi. Intorno a noi tutto era morto e distrutto. Non c’era più niente. Solo una distesa infinita di acqua”: non ha dubbi, Gerardo Montanari, 23 anni, bagnino a Riccione per lavoro e surfista in giro per il mondo per passione.

Solo un miracolo, secondo Gerry, lo ha salvato dallo tsunami e dal terremoto 7.7 che lo scorso 25 ottobre ha sconvolto l’arcipelago indonesiano delle Mentawi, al largo di Sumatra.

Lui, unico italiano coinvolto, racconta al Corriere della Sera quei momenti.

“Per la prima volta in vita mia ero certo di morire. Oggi amo ancora di più la vita. E il surf”. Quella notte, la notte del sisma che ha ucciso almeno 394 persone, lui si trovava al Resort Macaronis, sull’isola di Pagai. Con lui, nove australiani, due brasiliani e un cileno, tutti surfisti.

Verso le 21 e 40 un rombo assordante, e i bungalow che si sbriciolano. “Temendo lo tsunami – racconta Gerry – ci siamo arrampicati di corsa in cima all’edificio principale, una costruzione di tipo orientale con tre tetti a pagoda, una delle pochissime ancora in piedi”.

“E’ la fine, ho pensato, Moriamo tutti. E invece abbiamo resistito all’impatto, aggrappati al tetto. Dio aveva deciso che non era la nostra ora. Solo lui ci ha salvati – insiste – perché era impossibile che fossimo ancora vivi. Intorno a noi tutto era morto e distrutto. Non c’era più niente. Solo una distesa infinita di acqua

Gerry e gli altri rimangono sul tetto finché non arrivano a salvarli alcune piroghe dal villaggio Silabu, uno dei pochi risparmiati perché nell’entroterra.

Da Silabu, sempre in barca, Gerry raggiunge il porto di Sikakap, poi Padang e alla fine arriva a Sumatra.

Ma Sumatra è solo una tappa. Alla famiglia, a Riccione, ha già fatto sapere che è pronto per ripartire. “Ha detto che ama sempre di più la vita e che non torna a casa – racconta la madre -. Aspetta i documenti, naturalmente non ha più nulla, ha perso tutto, ed è pronto per tornare a surfare”.

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