Omicidio Versace, l’assassino era “una persona normale”

Gianni Versace (Foto LaPresse)

MIAMI – L’uomo che il 15 luglio del 1997 ammazzò Gianni Versace a Miami era “una persona normale, un ‘sociopatico’ come lo sono tanti, forse la maggioranza delle persone”: a dirlo, anzi, a scriverlo, è lo scrittore americano Gary Indiana nel suo libro “Tre mesi di febbre”.

L’autore, come racconta Mario Baudino sulla Stampa, ha passato mesi nella città di Andrews Cunanan, l’affascinante e prodigo gay che finì per ammazzare prima quattro persone tra Minneapolis e Chicago, e poi, a Miami, lo stilista calabrese.

Andrews Cunanan si sparò dopo pochi giorni sulla house-boat di un uomo d’affari tedesco, e le indagini si chiusero lì, senza spiegare il movente dell’omicidio.

“Non siamo neppure in grado di dire se Cunanan, prima di sparargli, sapesse chi era Versace”, ha detto Indiana alla Stampa. L’interpretazione che se ne è data, del fallito che uccide il personaggio noto per odio-amore nei confronti della sua notorietà, in questo caso non funziona”.

“Prima di Versace, il caso di Cunanan interessava ben poco. Solo a quel punto è scattata la grande narrativa dell’invidia sociale. Questa vicenda spiega bene la fascinazione soprattutto americana per i serial killer. La mia teoria è che le persone si sono rese conto a un certo punto di vivere in una società atomizzata, dove la gente non si conosce, e il tuo vicino può essere chiunque, magari anche il tuo assassino. Indifferenza, paura e fascinazione vanno insieme. Direi che tutto è cominciato con Psycho , ricorda il film di Hitchcock?”.

 

 

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