Giappone, il telefono del vento per parlare con i propri morti Giappone, il telefono del vento per parlare con i propri morti

Giappone, un telefono per parlare con i propri morti

Giappone, il telefono del vento per parlare con i propri morti
Giappone, il telefono del vento per parlare con i propri morti

MILANO – Un telefono per parlare con i propri morti. Quante volte chi ha perso qualcuno ha pensato irrazionalmente: “Adesso lo chiamo e provo a chiedere a lui”. Ma quella telefonata non si poteva fare, non più. E a nulla serviva il numero ancora registrato nella rubrica del telefono. Se anche avesse risposto qualcuno, non sarebbe stato più quel qualcuno. 

In Giappone, in quell’Oriente che ancora onora i defunti, c’è chi ha pensato di colmare questa lacuna: non certo il vuoto lasciato da chi se n’è andato, ma almeno la possibilità di immaginare di parlare ancora con lui. Ed è nato il “telefono del vento”.

Itaru Sasaki è un giardiniere di 74 anni. Nel 2010, dopo aver perso prematuramente il cugino, ha deciso di installare una sorta di elegante cabina telefonica nel giardino di Otsuchi, cittadina della prefettura di Iwata, su una collina con vista sull’Oceano Pacifico. 

Qui, in mezzo alla natura, Itaru veniva a parlare idealmente con il cugino. Ha fatto così per un anno, finché, nel 2011, il terremoto-tsunami che l’11 marzo ha colpito il Giappone lo ha convinto a concedere il suo telefono a tutti coloro che ne sentissero il bisogno, perché avevano un amato tra le ventimila vittime del sisma o semplicemente perché avevano perso qualcuno e volevano pensare di poter conversare ancora con lui. 

Sono state subito migliaia le persone che hanno affidato al telefono del vento le loro parole. Sul tavolino, vicino al vecchio ricevitore di fòrmica nera, anche un taccuino per scrivere i propri messaggi e ringraziamenti. 

E molti ringraziano. In un mondo di sms e chat, di corse in metropolitana e ingorghi nel traffico, ringraziamo per potersi fermare qualche attimo e riallacciare un legame spezzato dalla morte anche solo con il pensiero, e con le parole. Tornare a chiedere consiglio, a domandare perdono. A dichiarare il proprio amore a chi forse se n’è andato troppo presto. (Fonti: Washington Post, Japan Info, Corriere della Sera)

 

 

 

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