ROMA – “Ho perso mio figlio, vi imploro di non ricordarmelo e di non mandarmi più pubblicità di bambini”. E’ il contenuto di una commovente lettera aperta indirizzata a Facebook, Twitter, Instagram ed Experian. A scriverla è Gillian Brockell chiedendo di evitare di vedersi comparire pubblicità di articoli per bambini dopo aver perso il figlio prima della nascita. Gillian è video editor del Washington Post, e si rivolge alle tech companies raccontando la sua storia personale. Le sue parole hanno provocato una forte emozione nei lettori, che hanno condiviso in migliaia la lettera. “Lo so che voi sapevate che io ero incinta. E’ colpa mia. Semplicemente non ho saputo resistere a questi hashtag su Instagram: #30weekspregnant, #babybump. Che stupida! E ho anche cliccato una o due volte su alcune pubblicità di abbigliamento da mamme che Facebook mi ha proposto”.
Il processo incriminato è quello della profilazione pubblicitaria, per cui all’utente vengono proposti sui social media quegli articoli che potrebbero essere di suo interesse. In questo caso, biberon, passeggini, giocattoli che una donna incinta potrebbe voler comprare. Peccato che dopo i primi mesi di gravidanza Gillian Brockell abbia perso il bambino. “Vi prego, aziende tecnologiche, vi imploro, se siete abbastanza intelligenti da rendervi conto che sono incinta siete sicuramente abbastanza intelligenti anche da rendervi conto che il mio bambino è morto. E come mi avete visto cercare vestiti e oggetti per il mio bambino “non mi avete visto anche googlare ‘contrazioni di Braxton Hicks’ e ‘bambino non si muove’?”.
An open letter to @Facebook, @Twitter, @Instagram and @Experian regarding algorithms and my son’s birth: pic.twitter.com/o8SuLMuLNv
— Gillian Brockell (@gbrockell) 11 dicembre 2018