Brasile, non solo Battisti: l’esilio dorato dell’ex Prima linea Pessina

Non solo Cesare Battisti. Di ex terroristi condannati ma che non hanno scontato nulla grazie alla fuga all’estero e alla mancata estradizione c’è anche Luciano Pessina, ex Prima linea condannato in Italia a 12 ani per rapina, furto, banda armata, resistenza a pubblico ufficiale, detenzione e porto illegale di armi.

Oggi, racconta Il Giornale, Pessina è propietario di un ristorante di lusso a Rio de Janeiro, dove spesso viene anche l’ex presidente Lula. L’ex Prima linea ha scontato la sua pena nel paradiso di Ipanema grazie a una de­cisione del Supremo tribunale di giustizia che ha negato all’Italia l’estradizione per i soliti, pretestuosi, motivi politici.

Per difendere chi, come lui, ha intrapreso la carriera di rifugiato politico, ha fondato il Carp, il co­mitato di supporto per i rifugiati politici nostrani.

Nel marzo del 2004 Pessina sottoscrive la lista elettorale “Viva l’Italia” insieme al mostro di Prima valle, il Potop Achille Lollo e all’ex katanga autonomo, Carlo Pagani.

Ma lo scherzetto viene scoperto da Gianluigi Ferretti, membro del consiglio generale degli italiani all’estero. In poche ore inonda internet di rive lazioni che obbligheranno la Farnesina e il Viminale a intervenire. «Non potevo starmene zitto – racconta il funzionario al Giornale – così ho fatto presente che in quella lista c’era gente che non avrebbe dovuto essere candidata per i trascorsi negli anni di piombo».

Ferretti fa però un errore: parla di “assassini”. Ma Pessina assassino non è. Scatta la querela, vinta dall’ex Prima linea. “Nel 2004 non avevo più nessun problema con la giustizia italiana, ero un libero cittadino, potevo venire in Italia come sto venendo adesso. Avevo risolto tutti i miei problemi”, racconta al Giornale.

Giustifica il ricorso alla querela perché “io a Rio de Janeiro, sono una persona conosciuta, ho un ristorante, ho famiglia. Ho avuto dei problemi in gioventù ma non sono mai stato coinvol to in fatti di sangue”. “Ho avuto seri problemi quando è uscita la notizia sia a livello professionale che in famiglia. Mia moglie, i miei figli, sono rimasti scioccati a leggere queste cose”.

Dopo tutte queste vicende Pessina ha un giudizio chiaro sulla questione Battisti e co: “Sono favorevole a una soluzione definitiva degli anni ’70: dobbiamo metterci una pietra sopra. Va rispettato il dolore dei figli delle vittime ma poi ci saranno anche i nipoti e il circolo non si chiuderà mai. Se una persona si redime an che fuori dal carcere dovrebbe andare bene lo stesso: l’Italia è un paese cattolico, e il perdono fa parte della visione cattolica del mondo”.

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