
IL CAIRO ā Il presunto āscontro a fuocoā con cui fu annientata la banda di rapinatori di stranieri presso cui furono ritrovati passaporto e due badge di Giulio Regeni sarebbe stata in realtĆ unāesecuzione a freddo da parte della polizia. Lo scopo: attribuire il rapimento del ricercatore italiano ad una gang impossibilitata a discolparsi. Lo rivelano due testimoni anonimi allāagenzia americana Associated Press, confermando cosƬ le accuse mosse dai familiari dei banditi.
Il Sindacato della stampa egiziana ha giĆ chiesto a gran voce le dimissioni del ministro dellāInterno Magdy Abdel Ghaffar, per lāarresto di due giornalisti compiuto domenica allāinterno della sede dellāorganizzazione al Cairo. Intanto lāAssociated Press ĆØ riuscita a far parlare due presunti testimoni oculari che verso le sei di quella mattina del 24 marzo avrebbero visto sette mezzi della polizia accerchiare il pulmino bianco dei 4 pregiudicati. La polizia ha iniziato subito a sparare. I testimoni, la cui identitĆ viene tenuta segreta per timori di ritorsioni, sostengono che i quattro criminali non erano armati nonostante il ministro dellāInterno in comunicato emesso quel giorno avesse sostenuto di aver rinvenuto un mitragliatore 7,92 e un revolver calibro nove.
Mentre la polizia crivellava di colpi il veicolo, come documentato del resto dalle foto pubblicate dai media egiziani, alcuni uomini sono saltati fuori dal mezzo cercando una via di fuga. Invano: li hanno uccisi āa sangue freddoā, ha riferito un testimone. I corpi sono stati lasciati sulla strada per circa dieci ore e, per coprire la strage, la polizia avrebbe confiscato videocamere di sorveglianza di case vicine, hanno riferito i due testimoni più altri quattro presenti sul posto dopo la mattanza.
Non fu dunque uno āscontro a fuocoā, come sostenne il ministero nel comunicato. Lāaccusa di aver ucciso a freddo i componenti della banda era giĆ stata evocata in varie interviste da Rasha Tarek, la figlia del presunto capo della banda. Almeno secondo quanto riporta lāAp, la donna stavolta ĆØ stata esplicita: āAccuso il ministero dellāInterno di tentare di coprire le proprie malefatte uccidendo la mia famigliaā.
Ghaffar, giĆ dato per dimissionario alla vigilia di un rimpasto di governo del marzo scorso, ĆØ lāuomo che sta avvelenando i rapporti con lāItalia per la cattiva conduzione delle indagini sul caso Regeni. In queste ore ĆØ finito di nuovo sulla graticola: perfino fonti del governo parlano di sue dimissioni per rimediare allāarresto dei due giornalisti Amr Badr e Mahmoud El-Sakka compiuto nella sede del Sindacato (circostanza mai avvenuta prima nei 75 anni di storia dellāistituzione). Alla richiesta stanno dando corpo decine di giornalisti in un sit-in permanente nella sede del sindacato, dove in serata ĆØ giunta la notizia che lāarresto cautelare dei due sarĆ prolungato di 15 giorni. Lāaccusa, fra lāaltro, ĆØ di diffusione di notizie false e tentativo di rovesciare le istituzioni.