Golan, tensione alle stelle dopo la domenica di sangue

TEL AVIV, 6 GIU – Resta alta la tensione fra Israele e Siria, accompagnata da roventi scambi di accuse, all'indomani della sanguinosa fiammata di violenza lungo la linea di demarcazione fra i due Paesi, sulle alture del Golan: segnata dalle incursioni di manifestanti siriani – e della diaspora palestinese – contro i reticolati israeliani e dal micidiale fuoco di sbarramento dei militari con la stella di Davide.

Lo scontro sul terreno – coinciso con la giornata della Naksa, nella quale i palestinesi ricordano la sconfitta degli eserciti arabi nella guerra dei Sei Giorni del 1967 e l'occupazione israeliana di territori tuttora rivendicati – ha lasciato oggi posto a un residuo bivacco di qualche decina di dimostranti. Ma la calma resta precaria, come testimoniano i preoccupati inviti alla moderazione della comunita' internazionale (Italia compresa) e il perdurante ordine di ''massima allerta'' dallo stato maggiore israeliano. Il confronto accende intanto la polemica fra i due governi, in un botta e risposta dai toni piu' che aspri che mai: aperto stamattina dal ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, con la profezia di una caduta imminente del regime di Bashar al-Assad; e proseguita dal ministero degli Esteri di Damasco, con l'accusa a Israele di aver fatto perpetrato ''una flagrante aggressione'' e di praticare ''il terrorismo di Stato''.

Sul bilancio delle vittime diffuso ieri dalla tv siriana – salito fino a 23 morti e 350 feriti, con una repentina progressione di numeri non suffragata per ora da verifiche indipendenti – pendono sospetti e contestazioni. La portavoce dell'esercito dello Stato ebraico, tenente colonnello Avital Leibovitz, ha parlato oggi di cifre gonfiate, sostenendo che i soldati israeliani avrebbero mirato alle gambe, causando – verosimilmente – solo feriti. Mentre ha addebitato la responsabilita' di ''otto morti'', individuati attraverso i binocoli, all'esplosione di ''alcune mine siriane'' provocata nel settore di Quneitra – teatro nel pomeriggio di ieri della fase piu' caotica degli scontri – da un incendio innescato dal lancio di 'bombe molotov' da parte degli stessi dimostranti.

Gli osservatori dell'Onu – che presidiano solo in parte la linea del cessate il fuoco del '67 – si sono limitati a loro volta a confermare all'ANSA d'aver notato lo scoppio delle mine ''dopo il lancio di alcune bottiglie incendiarie'' e l'intervento di ''diverse ambulanze'', ma di non essere in grado di accreditare il bilancio di vittime di parte siriana.

Barak, dal canto suo, e' rimasto prudente sulla stima dei morti (''Noi pensiamo che siano meno di quanto annunciato dalla Siria'', si e' limitato a dire oggi alla radio). Mentre non ha avuto dubbi nel denunciare le responsabilita' dell'accaduto. In generale ha rivendicato ''il diritto d'Israele di difendere i suoi confini'' di fronte alla temuta prospettiva d'una nuova strategia palestinese di pressioni di massa lungo le linee di separazione; ma nel caso specifico ha circoscritto i fatti di ieri come ''una provocazione'' deliberata del regime siriano, accusato d'aver incoraggiato i manifestanti solo per cercare di distogliere l'attenzione dalle repressioni della rivolta interna. Obiettivo vano, ha comunque vaticinato Barak, poiche' ''il presidente Assad ha perso la propria legittimita' e alla fine cadra'… Se cessera' di esercitare la forza apparira' debole e sara' abbattuto. Se invece proseguira' con gli spargimenti di sangue, nelle sue forze armate cominceranno a manifestarsi crepe e il suo destino sara' ugualmente segnato''. Piu' tardi il il titolare degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha annunciato anche una protesta formale all'Onu contro Damasco. Ma la risposta siriana non si e' fatta attendere: con una nota ufficiale in cui si imputa a Israele ''l'aggressione flagrante di civili disarmati, siriani e palestinesi, radunati sulla linea del Golan occupato''. E si torna ad additare ''il terrorismo di Stato'' del vecchio 'nemico sionista'.

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