ROMA – E’ un’indiscrezione, allo stato delle cose, ma confermata, come si dice in questi casi, da “fonti ufficiali”: i marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre potrebbero essere incriminati in base al Sua Act, la legge indiana antipirateria che prevede la pena di morte.
La polizia indiana Nia “presenterà i capi di imputazione” contro i due marò invocando il Sua Act ma solo dopo il 3 febbraio quando il governo riferirà alla Corte Suprema. Lo ha scritto l’agenzia Pti rilanciando l’indiscrezione pubblicata da un giornale. Citando “fonti ufficiali”, l’agenzia dice che il ministero degli Interni “la scorsa settimana ha autorizzato la Nia a incriminare i due in base al Sua Act”. La decisione avrebbe “irritato” il ministero degli Esteri che, secondo il Times of India, “teme un contraccolpo diplomatico”. Il governo indiano vuole evitare un’imputazione così drastica, i due marò non dovrebbero quindi rischiare la vita. Ma la situazione è molto confusa, da un punto di vista penale e diplomatico, come spiega il Corriere della Sera:
Confusa perché il Sua Act prevede, alla Sezione 3(g), che se l’offesa «in connessione a una nave causa la morte di qualsiasi persona sarà punita con la morte». Girone e Latorre, accusati di avere ucciso due pescatori al largo delle coste dello Stato del Kerala, cadrebbero nella fattispecie. È evidente che il governo di Delhi non vuole che vengano puniti con la pena massima, ma non è chiaro come la Nia possa riuscire a districarsi da un obbligo di legge. Grave perché, al di là della condanna, processare sulla base di una legge antiterrorismo due militari di un altro Paese che al momento dei fatti sotto giudizio erano nel pieno delle loro funzioni antipirateria significa considerare quel Paese in qualche modo coinvolto in attività di terrorismo.
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