India, proteste contro la legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani: 6 morti, centinaia di arresti India, proteste contro la legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani: 6 morti, centinaia di arresti

India, proteste contro la legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani: 6 morti, centinaia di arresti

India, proteste contro la legge sulla cittadinanza che esclude i musulmani: 6 morti, centinaia di arresti
(Ansa)

NEW DELHI  –  E’ sempre più alta la tensione in India, dove la nuova legge sulla cittadinanza voluta dal premier, Narendra Modi, e giudicata discriminatoria nei confronti dei musulmani, ha innescato duri scontri, con un bilancio di almeno sei morti e centinaia di feriti e di arresti in cinque giorni, soprattutto nello stato dell’Assam.

Il focolaio del malcontento nel weekend ha visto gli studenti contrapporsi alla polizia nel campus Jamia Millia Islamia di Delhi, ma le proteste si sono estese a tutto il Paese. La leader del Bengala occidentale, Mamata Banerjee, è scesa in strada a Kolkata alla testa di un massiccio corteo mentre Priyanka e Sonia Gandhi, si sono sedute sotto l’India Gate in un sit-in pacifico.

Il portavoce delle opposizioni in Parlamento, Ghulam Nabi Azad, ha detto che non solo il suo partito, il Congresso, ma tutte le opposizioni sono unite nella condanna alle azioni della polizia.

L’intrusione violenta della polizia nel campus della Jamia Millia Islamia ha visto gli agenti lanciare lacrimogeni, picchiare con i manganelli studenti e studentesse, insultare le ragazze barricate nei bagni, dove era stata fatta saltare la luce, e devastare una biblioteca e una sala adibita a moschea. Almeno un centinaio di feriti sono stati ricoverati negli ospedali, qualcuno anche ferito da pallottole, mentre una cinquantina di arrestati non hanno potuto incontrare per ore i legali e gli attivisti dei diritti civili.

Fondata nel 1931, la Jamia è una delle università più prestigiose del Paese. L’irruzione di domenica pomeriggio, documentata da video rilanciati immediatamente sui social, è stata uno shock per il campus, con il vice rettore che ha denunciato la polizia, e per l’India intera.

Se non è chiara la dinamica dell’accaduto, che verrà discussa oggi alla Corte Suprema, è chiaro l’intento della polizia di reprimere la protesta a tutti i costi. La domenica nera della Jamia ha acceso un fuoco che si è allargato alle università di tutto il Paese: lunedì, mentre i 50 fermati domenica venivano liberati, decine di migliaia di altri studenti sono scesi in strada dall’IIS di Bengaluru, ai due principali istituti di Mumbai, il Tiss e la Bombay University, ai college di Chennai, Madurai, Pondicherry, in Tamil Nadu, a Hyderabad, all’Università gemella della Jamia, in Uttar Pradesh.

Il premier Modi ha cercato di placare gli animi con un tweet in cui dice che nessun indiano sarà toccato dalla nuova legge “che riguarda solo i rifugiati perseguitati per motivi religiosi”. Ma gli studenti che contestano la cittadinanza basata sull’appartenenza religiosa con l’esclusione dei musulmani, e gli indiani del nord est (dell’Assam, Tripura e Meghalaya, che si sentono minacciati nelle loro identità dagli immigrati dal Bangladesh), non la pensano come lui.

I più delusi dal premier e dal governo nell’Asam dove continuano le manifestazioni e regna il coprifuoco, con il governo che ha inviato alcune migliaia di agenti di sicurezza ed ha sospeso internet fino ad oggi, creando un “Kashmir dell’est”.

“Il governo di Modi ha dichiarato guerra alla nostra gente”, ha detto Sonia Gandhi sotto l’arco di trionfo di Delhi, circondata da migliaia di persone che hanno letto con lei il preambolo della Costituzione: “Da giorni gli studenti protestano contro l’aumento delle rette e l’attacco alla Costituzione, ma il premier e il ministro degli interni Shah – ha denunciato – li attaccano come terroristi, secessionisti, rinnegati. Il loro è un attacco alla nostra anima”.

LA LEGGE – Il decreto concede la cittadinanza indiana ai rifugiati provenienti da Pakistan, Bangladesh e Afghanistan fuggiti da persecuzioni religiose, e presenti in India dal 2014, ma ammette solo gli appartenenti a sei fedi: induismo, cristianesimo, parsi, sikhismo, buddismo e jainismo, escludendo i musulmani. I partiti che si oppongono sottolineano che anche tra i musulmani ci sono minoranze perseguitate, come i Rohingya, fuggiti in massa dal Myanmar, e approdati in India in migliaia, o le sette Ahmedia e Shias, che subiscono discriminazioni in Pakistan. Gli oppositori aggiungono che ci sono rifugiati anche dal Tamil Nadu, ai quali non viene concesso lo stesso diritto di cittadinanza.

L’altro grande motivo di critica è il mancato rispetto della Costituzione indiana, che garantisce a tutti uguali diritti, senza distinzione di religione, mentre il decreto, per la prima volta nella storia del Paese, lega la cittadinanza all’appartenenza religiosa. (Fonti: Ansa, YouTube, The Times of India)

 

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