BAGHDAD – L’Iraq è a un passo dal colpo di Stato. Come se non bastassero lo sterminio delle minoranze religiose e l’avanzata a mano armata dello stato islamico, ecco anche lo scontro politico nei palazzi del potere di Baghdad. Il premier uscente, lo sciita Nouri al Maliki, non intende infatti rinunciare al tentativo di formare per la terza volta un governo e chiede al Parlamento la messa in stato d’accusa del presidente, il curdo Fuad Masum, per violazione della costituzione. La Corte federale irachena ha riconosciuto che il partito del premier Nuri al Maliki, lo Stato del Diritto, è il vincitore delle ultime elezioni, e quindi lo stesso Maliki può ottenere nuovamente l’incarico. La Lega Araba intanto ha condannato le violenze dello Stato islamico in Iraq, bollate come crimini contro l’umanità, in particolare ai danni delle minoranze come quella degli Yazidi nel nord e dei cristiani a Mosul.
Intanto funzionari locali confermano di un massiccio schieramento di forze militari intorno alla “zona verde” di Baghdad, dove hanno sede tutti i palazzi governativi le ambasciate. Maliki sostiene che Masum abbia violato la legge non ha assegnato ancora a lui e la sua alleanza l’incarico di formare un nuovo esecutivo. “Quanto sta avvenendo oggi è un golpe contro la costituzione, una sua deliberata violazione ad opera del presidente”, ha dichiarato Maliki.
L’appello dell’Onu. Il pericolo di un colpo di Stato a Baghdad è reale. Le forze di sicurezza devono astenersi da “interferenze nel processo politico democratico”, è l’appello lanciato dall’inviato Onu a Baghdad, Nicolay Mladenov. La scorsa notte ingenti forze di sicurezza fedeli ad al Maliki sono state schierate nella Zona Verde di Baghdad. Mladenov ha invitato il primo ministro a “rispettare le responsabilità costituzionali del presidente della Repubblica”. Nella capitale regna una calma tesa. Un numero massiccio di forze della polizia, dell’esercito e dei reparti antiterrorismo resta dispiegato nelle zone strategiche della città.
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