Isis, come diventare Stato? Con oro, farina, armi, scuole…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Dicembre 2015 - 17:50 OLTRE 6 MESI FA
Isis, come diventare Stato? Con oro, farina, armi, scuole...

Isis, come diventare Stato? Con oro, farina, armi, scuole…

BEIRUT – Cosa serve per costruire uno Stato islamico? Comprare oro, farina, armi, costruire scuole e sviluppare un’amministrazione centralizzata del petrolio e del gas. Questo il manuale dei jihadisti dell’Isis per la costruzione di uno stato islamico che abbia un’economia indipendente, una struttura burocratica e una politica estera. Dopo l’annuncio della nascita del Califfato da parte di Abu Bakr al Baghdadi, leader dell’Isis, ora arriva anche un documento di 24 pagine redatto tra luglio e ottobre 2014 dal titolo “Principi di amministrazione dello Stato islamico”, come riportato dal sito inglese The Guardian.

Il documento programmatico del Califfato sottolinea quali sono le caratteristiche che lo Stato Islamico deve avere per essere tale e come raggiungere gli obiettivi prefissi da al Baghdadi nella sua realizzazione. Marta Serafini sul Corriere della Sera scrive che il libro è organizzato in 10 capitoli:

“Sulla prima pagina, sotto una spada a due punte (il Dhu l-fiqar, la spada che Maometto donò al cugino/genero Ali Abi Talib), la data 1435 (che corrisponde al 2013-2014, ndr). Nel primo capitolo viene illustrato come l’esistenza di un Califfato e di un leader sia essenziale per la vittoria sui miscredenti. Successivamente il documento illustra l’importanza dei foreign fighters (i muhajireen, coloro che fanno la hijra, la migrazione). Nel testo si legge: «La maggior parte dei primi muhajireen viene dal Golfo e dal Maghreb. (…)poi sono arrivati giovani a sostegno da ogni stato infedele del mondo. Dopo di ciò lo sceicco Abu Bakr al-Baghdadi ha ordinato di creare il primo campo al confine tra Iraq e Siria (nella zona che il vecchio accordo di Sykes Picot definiva Iraq e Siria è l’espressione usata)»”.

Il documento poi spiega anche che al Baghdadi non sarebbe considerato un califfo, ma uno sceicco, e che tra i miliziani non dovrebbero esserci distinzioni a seconda dell’etnia a cui appartengono:

“Parole che non coincidono con le testimonianze dei disertoriche parlano invece di differenze sociali sulla base della provenienza geografica (tunisini, egiziani e marocchini, ad esempio, sarebbero considerati meno importanti rispetto ai ceceni). Nel terzo capitolo si parla di tre tipi di campi di addestramento: i campi militari (che includono 15 giorni di preparazione fisica) e che ogni miliziano deve frequentare almeno una volta all’anno per imparare l’uso delle armi, delle strategie militari e delle tecnologie militari; i campi preparatori con sessioni di sharia, fiqh (giurisprudenza), dottrina islamica oltre all’uso delle armi e infine i campi per i bambini con l’addestramento all’uso delle armi leggere. Nel quarto capitolo lo Stato Islamico viene dipinto di fatto come uno stato militare dove non esiste distinzione tra soldati e cittadini. Ogni abitante del Califfato «viene valutato» per il suo coraggio in battaglia”.

Il manuale prevede anche il controllo delle aree archeologiche, spiega la Serafini, e la divisione dei territori conquistati in province, oltre che la politica economica:

“Nelle ultime pagine il documento delinea i principi dell’economia dello Stato Islamico. I vertici detengono il monopolio della produzione e del commercio di: armi, oro, manufatti antichi, petrolio, gas. Inoltre devono essere tenuti al corrente della distribuzione di acqua, farina e beni di prima necessità. Per quanto riguarda l’educazione – ottavo pilastro del Califfato – il testo si dilunga sull’importanza di insegnare e crescere le nuove generazioni secondo la sharia.

Il nono pilastro può invece essere considerata una bozza di “politica estera”: oltre a ribadire la sovranità interna dello Stato Islamico a nessuna forza esterna viene concesso di violare con la forza i suoi confini. E, a dimostrazione di quanto la propaganda stessa sia fondamentale per l’organizzazione terroristica, un intero capitolo, l’ultimo viene adibito all’ “Amministrazione dei media”. Al vertice, il Diwan al-Khilafa (l’ufficio del Califfo) e il Majilis al-Shura (il gruppo dei consiglieri), e il gruppo dei vertici militari e il Califfo stesso, cui tutti devono fare riferimento. Poi, ogni divisione provinciale deve avere una sua divisione media affiancate dalle agenzie ausiliarie”.