ROMA – James Foley, jihadisti chiesero riscatto da 100 milioni di dollari. Usa dissero no. Una richiesta arrivò per email e arrivò direttamente ai familiari di James Foley, il reporter statunitense decapitato due giorni fa dall’Isis. E chiedeva soldi, tanti: 100 milioni di dollari. La Casa Bianca, secondo quanto riporta il New York Times, rispose no: non si tratta e non si paga.
L’ultima minaccia, praticamente una sentenza di morte annunciata, la famiglia di James Foley l’ha ricevuta una settimana prima della sua esecuzione, mercoledì scorso. Una mail recapitata da emissari dell’Isis, i guerriglieri dell’auto-costituito Stato islamico che sta imperversando tra la Siria orientale e il nord dell’Iraq, gli autori della barbara decapitazione del giornalista americano, rimasto fino alla sua morte nelle mani dei rapitori che lo avevano prelevato il giorno del Ringraziamento del 2012.
A rivelare il terrorismo psicologico cui la famiglia Foley è stata sottoposta (tante sono state le mail fino all’ultima minaccia definitiva) è il capo dell’azienda per cui lavorava il giornalista, Philip Balboni, presidente e ceo di GlobalPost (ne dà ampia copertura il Daily Mail). Non è la sola rivelazione fornita: non appena fu avvisato del rapimento, l’azienda ha tentato di mettersi sulle sue tracce, arrivando in questi due anni a spendere milioni di dollari (ma per liberarlo manu militari, non per arrendersi al ricatto). Nel settembre scorso, le squadre speciali private assoldate per rintracciarlo avevano individuato l’area in cui era tenuto prigioniero. Durante i lunghi mesi di prigionia alla famiglia erano giunte diverse mail contenenti minacce, rivendicazioni ma, soprattutto, richieste di denaro per il riscatto (il Wall Street Journal parla di 100milioni di dollari).
Balboni si dice praticamente certo che anche la Casa Bianca fosse a conoscenza del luogo del rapimento, che qualche tentativo di liberazione è stato fatto, che in ogni caso le missioni sono state secretate e con ogni probabilità sono fallite. L’ultima missiva inviata dai rapitori non conteneva alcuna richiesta di denaro, segno che la vicenda stava per concludersi con l’esito più drammatico. Resta che tono e scrittura fossero sensibilmente dalle altre mail: possibile che la linea della vendetta spettacolare per i bombardamenti americani in Kurdistan sia prevalsa sulla strategia, fino ad oggi molto remunerativa, dei rapimenti mirati all’auto-finanziamento, un business molto redditizio specie quando ad esser rapiti sono giornalisti, operatori umanitari, funzionari di paesi europei. Il New York Times indicava in 125 milioni di dollari il bottino dei jihadisti dal 2008. Con il corollario spiacevole ma inevitabile che l’Europa sia diventata il bancomat della jihad.
Lo stesso Foley è stato rapito insieme ad altri ostaggi europei che sono stati rilasciati dopo il pagamento di un riscatto. Potrebbe essere la sorte anche delle due studentesse italiane scomparse in Siria, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli e che l’edizione americana del Guardian considera rapite anch’esse dall’Isis.
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