Ivy Bells, lo spionaggio dei cavi sottomarini: come gli Usa “ascoltavano” la Russia

Ivy Bells, lo spionaggio dei cavi sottomarini: come gli Usa "ascoltavano" la Russia
Ivy Bells, lo spionaggio dei cavi sottomarini: come gli Usa “ascoltavano” la Russia

ROMA – A partire dagli anni ’70, gli Stati Uniti parteciparono ad alcune missioni che prevedevano il “furto” di informazioni attraverso i cavi sottomarini. L’operazione più famosa, che prese vita grazie alla collaborazione tra Marina, Cia ed Nsa e ribattezzata “Ivy Bells“, permetteva l’ascolto delle comunicazioni tra le basi navali sovietiche di Petropavlovsk e Vladivostok, nel mare di Okhotsk.

Nonostante la zona fosse presidiata da navi sovietiche impegnate in esercitazioni militari, come spiega il Daily Mail, il sottomarino statunitense Halibut riuscì a superare i controlli e ad individuare il cavo trasmittente dove, con l’aiuto di sub appositamente addestrati, venne posizionata la cimice. Una volta al mese, i sommozzatori riportavano la cimice in superficie per ascoltarne i contenuti, fornendo una quantità enorme di dati all’intelligence.

“Gli americani non sapevano quanto i sovietici fossero realmente spaventati dagli USA, fin quando non ascoltarono le registrazioni” ha detto Sherry Sontag, giornalista investigativa.

Per diversi anni l’Halibut, insieme ad altri sottomarini, tornò con una grande quantità di registrazioni rubate ai sovietici; la missione ebbe fine quando Ronald Pelton, un impiegato della NSA, optò per il tradimento in cambio di 35mila dollari dal KGB, al quale rivelò la missione segreta.

Nel 1981, grazie ad alcuni satelliti, fu possibile determinare l’anomala concentrazione di navi sovietiche proprio sul punto dove era stata collocata la cimice. I sub, ai quali venne fornito per la prima volta dell’elio per rimanere in acqua il più a lungo possibile, accorsero sul posto dove ormai non trovarono più il dispositivo di intercettazione.

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