“Jeffrey Epstein non si è suicidato“: a sostenerlo è Julie K. Brown, la giornalista del Miami Herald che ha dato vita allo scandalo che ha coinvolto il finanziere americano amico di potenti come Bill Clinton e il principe Andrea, poi arrestato il 6 luglio del 2019, a 66 anni, con l’accusa di traffico sessuale di minorenni e quindi morto in carcere, il 10 agosto 2019, in circostanze mai chiarite.
Jeffrey Epstein, la giornalista Julie K. Brown: “Non si è suicidato”
Julie K. Brown aveva identificato 80 presunte vittime di Epstein passate nelle sue residenze a Manhattan, Palm Beach, in New Mexico e sull’isola di Little St. James, nelle Isole Vergini americane.
La giornalista ha appena pubblicato il libro Perversion of Justice (Giustizia perversa), edito da HarperCollins, in cui ricostruisce la vicenda. In particolare c’è un capitolo, “Epstein non si è suicidato”, in cui snocciola le tante incongruenze di quel 10 agosto 2019. Incongruenze che ha ricordato in una intervista a Viviana Mazza del Corriere della Sera.
Il presunto suicidio di Jeffrey Epsterin e le prove che mancano
“Le autorità non hanno mai reso pubbliche le prove che dicono di avere”, ha detto Brown al quotidiano milanese. “Sono accadute diverse cose sospette: il cadavere è stato rimosso subito, anche se tutti sanno che non va alterata la scena del crimine, di cui peraltro non sono state scattate foto. Né è chiaro che fine abbiano fatto le riprese delle telecamere di sorveglianza. Era in cella con uno spacciatore che proprio quella notte fu inspiegabilmente trasferito. I due guardiani che dovevano monitorarlo si sarebbero addormentati, contemporaneamente. Non c’era alcun biglietto d’addio”.
Nell’intervista si ricorda anche che il 15 agosto 2019 il Washington Post scrisse che Epstein aveva diverse ossa del collo rotte, come tipico nei casi di strangolamento più che di impiccagione. E se è vero che “un pedofilo è nel gradino più basso della gerarchia in carcere, lui era ricco”, nota Brown. “Puoi pagare un detenuto per ucciderne un altro. E c’erano molte persone che lo volevano morto. Non significa necessariamente che sia stato assassinato, ma ci sono troppe domande cui le autorità non hanno risposto”.
Jeffrey Epstein e il ruolo di Ghislaine Maxwell
E poi c’è Ghislaine Maxwell, ex e amica di Epstein, ora in carcere in attesa del processo: “È evidente che Ghislaine Maxwell sa molte cose. Era sempre sugli aerei di Epstein, viveva nelle sue case e le autorità ritengono che lo abbia aiutato ad organizzare l’intero sistema di abusi sulle minorenni. Alcuni dei misteri su Jeffrey Epstein probabilmente resteranno tali a lungo, un po‘ come l’assassinio di Jfk. Ma le autorità devono indagare fino in fondo tutti coloro che erano coinvolti negli abusi e nel traffico di minorenni. Non era opera di due sole persone”.