Jeffrey Epstein, suicidio sospetto. Il collaboratore di John Gotti: “Qualcuno lo ha aiutato”

Jeffrey Epstein
Jeffrey Epstein (Foto Ansa)

ROMA – Jeffrey Epstein si sarebbe impiccato utilizzando un lenzuolo presente nella cella della prigione Metropolitan Correctional Center. Il finanziere statunitense era alto un metro e ottanta e, secondo quanto riportato dal New York Post, avrebbe legato il lenzuolo alla sommità del letto a castello, inginocchiandosi sul pavimento così da strangolarsi.

Epstein è stato trovato nella cella intorno alle 6:30 di sabato mattina, 10 agosto, dal personale del carcere che, non riuscendo a rianimarlo, lo ha trasferito d’urgenza in infermeria. Epstein è stato quindi trasportato in ambulanza al New York-Presbyterian Lower Manhattan Hospital e qui i medici ne hanno dichiarato il decesso.

Il presunto suicidio di Epstein ha sollevato parecchie domande, non ultimo come sia riuscito a togliersi la vita dopo un precedente tentativo fallito il mese scorso. La procedura carceraria prevede che un detenuto venga sottoposto a un processo di screening per determinare se è a rischio di farsi del male o suicidarsi.

Se accade, come nel caso di Epstein, viene sottoposto a un particolare regime di controllo, “suicide watch”, in una cella speciale senza accesso a oggetti. Ma il 24 luglio su richiesta dell’avvocato di Epstein il regime è stato sospeso, il compagno di cella era stato trasferito venerdì e il sabato Epstein si è impiccato.
Secondo Lewis Kasman, un ex stretto collaboratore del defunto gangster John Gotti Sr., se Epstein ha deciso di suicidarsi “qualcuno ha dovuto aiutarlo”. 

“Quella struttura per anni ha avuto problemi di corruzione, con agenti che portavano cibo o telefoni cellulari ai detenuti benestanti. Ci sono telecamere che funzionano 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e osservano 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Qualcuno ha dovuto dare a Epstein l’occorrente per suicidarsi e l’ha anche pagato a caro prezzo”, ha detto al New York Post. (Fonte: Daily Mail)

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