Kim Jong-un, fratello ucciso: trovate morte le due donne che lo hanno avvelenato

TOKYO – Sono state trovate morte le due donne sospettate della morte per avvelenamento di Kim Jong-nam, il fratellastro maggiore del leader nordcoreano Kim Jong-un. Lo riportano i media giapponesi, citando fonti del governo di Tokyo secondo cui sarebbero in corso verifiche. Un altra donna, di nazionalità vietnamita, sospettata di essere coinvolta nell’attentato, è stata arrestata dalla polizia malese.

Kim, assassinato lunedì mattina, attendeva di imbarcarsi all’aeroporto di Kuala Lumpur, in Malaysia, su un aereo per Macao, quando è stato avvicinato da due 007 donne che gli hanno somministrato una dose letale di veleno per mezzo di un misterioso spray chimico. Le due donne, come testimoniano le telecamere dell’areoporto si sarebbero poi volatilizzate. Il governo di Seul ha confermato il decesso e l’identità dell’illustre viaggiatore. Secondo quanto riporta l’Oriental Daily, la donna arrestata, tra i 20 e i 30 anni, è stata individuata grazie alle telecamere di sicurezza. La polizia, inoltre, è alla ricerca di altri quattro uomini e di un’altra donna.

Un’azione da spy-story, a poche ore dall’ultimo test balistico di Pyongyang, che rimanda – è il sospetto principale – ad un piano accuratamente messo in atto (e questa volta portato a termine) dall’Ufficio generale di ricognizione, la famigerata intelligence di Pyongyang, sfruttando la disattenzione nella fase di passaggio della sorveglianza tra guardie del corpo e polizia.

Kim Jong-nam, dopo la rottura dei rapporti con l’attuale leader nordcoreano Kim Jong-un, è stato bersaglio di diversi tentativi di omicidio, di cui uno nel 2011 sfumato grazie al conflitto a fuoco tra la sua security e gli agenti del Nord precipitatisi a Macao, davanti a casa sua. A ottobre 2012, gli investigatori sudcoreani appurarono che un nordcoreano arrestato come spia aveva ammesso di essere stato coinvolto in un complotto per uccidere Kim in Cina in quello che avrebbe dovuto essere un incidente d’auto.

L’assassinio di Kim, considerato dal 1994 al 2001 il delfino del caro leader Kim Jong-il, è il secondo caso di morte violenta di un’alta personalità della famiglia Kim, al potere da circa 70 anni in Corea del Nord, dopo l’esecuzione nel dicembre 2013 di Jang Song-thaek, zio del leader attuale, di cui fu tutore e numero due del regime. Anzi, le affinità che Kim Jong-nam aveva con Jang, a partire dagli ottimi rapporti con Pechino, avevano alimentato i sospetti e la diffidenza dell’attuale leader “sui possibili flirt a sue spese con la Cina”.

Kim Jong-nam, 45 anni, è nato dalla relazione tra il caro leader e Sung Hae-rim, attrice sudcoreana di nascita morta a Mosca: la sua caduta in disgrazia fu causata dal goffo tentativo di raggiungere il Giappone a maggio 2001 con un passaporto falso dominicano e intestato a Pang Xiong (che vuol dire “orso grasso” in cinese). Disse che era diretto con il figlio di 4 anni a Tokyo Disneyland, scatenando l’ira del padre.

L’episodio spostò i favori della successione verso Kim Jong-un, spingendo il fratellastro a optare per l’esilio e il rifugio dorato a Macao, dove curava dei fumosi investimenti: nell’ex colonia portoghese ebbe vita relativamente tranquilla, ha ricostruito dopo l’intelligence sudcoreana, grazie alla protezione del padre e ai legami vantati con i rampolli dell’aristocrazia rossa di Pechino.

Alla morte del “caro leader” nel dicembre 2011, si recò a Pyongyang in quella che è considerata una delle sue ultime visite in patria con tanto di incontro con il fratellastro, ma senza partecipare al funerale. Poi il pellegrinaggio in diversi Paesi del sudest asiatico (tra Singapore, Indonesia e Malaysia) per sfuggire alla vendetta di Kim Jong-un.

In esilio, Kim è stato spesso intervistato dai media giapponesi esprimendo critiche sul regime guidato dal fratellastro, auspicando il varo di riforme e l’accantonamento della successione dinastica. Minacce alla stabilità della Corea del Nord che il leader ha voluto eliminare.

 

 

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