Lady Diana, medico della famiglia reale: “Soffriva di una malattia mentale di tipo genetico”

Lady Diana (foto Ansa)
Lady Diana (foto Ansa)

LONDRA – Diana soffriva di una “malattia mentale di tipo genetico che avrebbe potuto trasmettere ai figli”, creando ovviamente un disastro dinastico. E’ quanto ha scritto in una lettera Sir John Batten, medico della famiglia reale, in cui rivela che altri tre eminenti colleghi della Corona, condividevano le sue preoccupazioni.

Le loro diagnosi sono riportate in un referto del 1983, scritto dallo psicanalista e psichiatra Alan McGlashan, che ha curato Diana nel periodo in cui la principessa aveva preso le distanze dai medici della Royal Family.

Fino ad oggi, i contenuti esplosivi della corrispondenza non sono mai stati rivelati né quanto i medici reali abbiano provato e fallito nel tentativo di aiutare Diana, spiega il Daily Mail.

McGlashan scrive che Batten, allora capo dei medici della famiglia reale, e i suoi colleghi erano “spaventati” dai sintomi di Diana, “sopraffatti dal timore di un disastro dinastico”.

Diana riferì a McGlashan che il team le “somministrava degli antidepressivi”, la spinsero a fare una terapia comportamentale ma nulla era in grado di risolvere i problemi della principessa triste, tra cui gli inquietanti sogni ricorrenti su giganteschi mostri marini.

All’epoca, solo pochi mesi dopo la nascita del principe William, la 21enne Diana soffriva anche di bulimia, ansia, depressione, bassa autostima, sebbene i medici le riconoscessero la grande capacità di mostrare in pubblico una maschera diversa, recitare un fantastico show.

Oltre a Batten, morto nel 2013, Diana è stata curata da Michael Pare, primario del reparto psichiatria al St Bartholomew’s Hospital di Londra; Michael Linnett, farmacista di Carlo e Diana e un comportamentista indicato nella lettera solo come “Mitchel”.

Secondo la corrispondenza, il dott. Pare sul “caso” aveva un “parere cupo e allarmista”. Nel corso degli anni, i problemi di Diana sono stati resi noti e Carlo spesso è stato descritto con un atteggiamento freddo ma dalla lettera sembra fosse molto preoccupato, si rivolse disperato al suo mentore, il filosofo-scrittore sudafricano Laurens Van der Post. E da lui, ricevette il consiglio di consultare l’amico McGlashan.

Diana e McGlashan, si incontrarono otto volte e la diagnosi dello psichiatra era molto diversa da quella dei medici della Corona. “E’ una donna normale, con disturbi emozionali e non patologici”. La notizia sarà stata un enorme sollievo per Carlo che iniziò con McGlashan una terapia durata 14 anni anni e ancora oggi ad Highgrove, continua a tenere un busto che rappresenta il suo psicanalista di  fiducia.

La conoscenza unica di Diana è in una lettera che McGlashan, all’epoca 84enne, scrisse a Van Der Post, ma molti ritengono che sia una chiara violazione della privacy della paziente. Nella lettera, McGlashan usa il codice inventato da Van der Post per riferirsi a Carlo. Lo chiamava “il Giovane Uomo”.

McGlashan scriveva a Van der Post:”(Carlo) mi ha telefonato il 24 gennaio e chiesto di vedere D il giorno seguente, cosa che ho fatto”. “È una donna molto infelice, affronta situazioni che le sembrano difficili ma si impegna coraggiosamente”.

Diana collaborava nelle sedute con McGlashan ma, probabilmente, non vedendo miglioramenti significativi ha iniziato a praticare una serie di terapie alternative, fatto temuto dal famoso psichiatra.

Nel documentario di Channel 4 andato in onda il mese scorso “Wasting away: the truth about anorexia”, William ha discusso l’importanza di parlare apertamente dei disturbi alimentari e di altri problemi della salute mentale, con l’ex anchorman ITN Mark Austin, la cui figlia Maddy soffre di anoressia.

Quando Austin gli ha chiesto se fosse orgoglioso che la madre avesse parlato della sua lotta personale, William ha risposto: “Assolutamente, sono delle malattie. La salute mentale deve essere presa sul serio quanto la salute fisica”.

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