ROMA – Libia. 4 sequestrati da Zarzis in auto invece della barca… Quel 19 luglio la storia dei 4 tecnici italiani in Libia della Bonatti poteva davvero prendere una piega del tutto diversa. Una telefonata giunta dall’impianto di Mellitah ha cambiato tutto per i poveri Salvatore Failla e Fausto Piano (che non sono sopravvissuti), Gino Pollicardo e Filippo Calcagno (sotto duro sequestro per 7 mesi).
Al telefono un responsabile della logistica ha modificato il piano di trasferimento: a Zarzis, in Tunisia, dove erano arrivati in macchina da Gerba (e qui via aereo da Malta), i 4 avrebbero dovuto imbarcarsi su una chiatta per raggiungere Mellitah in Libia.
In barca perché più prudente, via mare per rispettare i protocolli di sicurezza. Invece il contrordine: al porticciolo di Zarzis li attendeva un’auto guidata da un libico che li avrebbe condotti oltre confine. Un’auto e basta, senza scorta o altre vetture di complemento. Perché? E’ quanto vuole appurare il pm italiano Carlo Colaiocco. E’ altamente plausibile – sottolineano Scarpa e Tonacci su La Repubblica – che con quella telefonata i 4 iniziano a essere in pericolo, perché la scelta li espone al rischio del tradimento che puntualmente avviene. Qualcuno li ha venduti: sulla strada dove sono stati fermati tre volte ai check-point, alla fine si materializzano i sequestratori. Informati da chi?
In questo lasso di tempo, qualcuno ha tradito. Ha venduto gli italiani al gruppo di banditi filo- islamisti che li ha tenuti in ostaggio per sette mesi e mezzo. Il magistrato romano, che indaga per sequestro di persona con finalità di terrorismo e omicidio, ha sul tavolo due ipotesi: potrebbe essere stato l’autista, forse per qualche controversia con la Bonatti, oppure un miliziano incontrato ai checkpoint. Dall’ultimo controllo dell’automobile al momento esatto del rapimento, calcolano gli investigatori, è passata circa mezz’ora. E l’autista, che dopo l’episodio fu interrogato a lungo, adesso non si fa più trovare. (Giuseppe Scarpa e Fabio Tonacci, La Repubblica)