Libia, altri raid Usa su Sirte. Isis attacca soldati Haftar a Bengasi, morti

Libia, altri raid Usa su Sirte. Isis attacca soldati Haftar a Bengasi, morti
Libia, altri raid Usa su Sirte. Isis attacca soldati Haftar a Bengasi, morti

SIRTE – Mentre prosegue il fuoco americano contro l’Isis a Sirte, roccaforte dei jihadisti in Libia, a Bengasi in un attacco suicida con autobomba sono morti decine di soldati delle forze del generale Haftar, legate a Tobruk. Il bilancio dell’attentato, rivendicato dalle forze del Consiglio della Shura dei rivoluzionari della città, è di 28 soldati morti. I feriti sono 70. Questi i numeri riportati dal Site, il sito che monitora le attività jihadiste sul web.

Secondo Libya’s Channel che parla di “oltre una ventina di morti”, l’attacco suicida contro le forze speciali si è verificato nel distretto di Gawarsha con un’autobomba. Da mesi le forze militari legate al generale Khalifa Haftar bombardano le postazioni della Shura dei rivoluzionari, un’accozzaglia di milizie islamiste, vicine ad Ansar al Sharia. A Bengasi le forze di Haftar – legate a Tobruk – sono impegnate anche contro l’Isis.

Intanto a Sirte piovono bombe americane: i “primi sette raid” aerei della “missione di 30 giorni” autorizzata da Barack Obama, su richiesta del governo di Tripoli, hanno distrutto blindati e depositi di armi, mentre a terra prosegue l’avanzata delle milizie in una sorta di accerchiamento a tenaglia. Mosca e Tobruk si dicono contrarie ai bombardamenti degli Stati Uniti, Roma valuta l’uso di Sigonella.

A 24 ore dal lancio delle prime bombe americane, la Libia torna ad essere il centro del risiko mondiale. Mosca e Tobruk giudicano “illegali” i raid in quanto “serve una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu”. Ma il Palazzo di Vetro ribatte a stretto giro che sono in “linea con la risoluzione delle Nazioni Unite”.

Alla fine in un pomeriggio infuocato di continui botta e risposta Obama rompe il silenzio. Vogliamo la stabilità della Libia, dice il presidente riferendosi anche alla crisi dei migranti e ribadendo come l’intervento – una “missione di 30 giorni” – sia stato deciso anche per una questione di sicurezza nazionale e per aiutare i libici a “finire il lavoro” nella lotta all’Isis, adottando lo stesso approccio usato in Iraq e Siria.

Da parte nostra, spunta l’ipotesi dell’uso della base di Sigonella. “Valuteremo se ci saranno richieste, naturalmente se prenderemo decisioni ne informeremo il Parlamento”, precisa a Uno Mattina Paolo Gentiloni, giudicando “molto positivo” l’intervento Usa. In una telefonata con Sarraj il titolare della Farnesina conferma poi la disponibilità dell’Italia a fornire assistenza sul piano umanitario e sanitario, ed il premier libico lo ringrazia per il sostegno.

L’Egitto – che sostiene il generale delle forze armate Haftar legato a Tobruk – fa invece sapere di essere solo stato “informato dei raid dagli stessi libici”.

Intanto sul terreno a Sirte è guerra aperta. Dura è la resistenza che oppongono i combattenti Isis, composti per lo più da cecchini, ben posizionati sui tetti dei palazzi ed armati fino ai denti. Esemplare in tal caso è il centro Ouagadougou difeso strenuamente dai fondamentalisti e da diverse settimane sotto il fuoco dei miliziani che non riescono ad espugnarlo o a distruggerlo. E poi le mine disseminate per le strade oltre ai vari attacchi suicidi compiuti dai seguaci di al Baghdadi che tengono testa ad ogni tentativo di avanzata verso il centro. E non è escluso – scrive il portale Libya Herald – che i raid Usa abbiamo proprio colpito l’area dove sorge il Palazzo conferenze, per sfiancare la resistenza e mettere in un angolo i terroristi.

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