Libia. La morte di Gheddafi infiamma le piazze della protesta araba

(di Alberto Zanconato) – persino nella relativamente tranquilla Giordania, la notizia della morte del colonnello libico Muammar Gheddafi infiamma le piazze e da' ancor maggiore vigore alla protesta, mentre dall'Iraq, dove le immagini arrivate da Sirte hanno ravvivato la memoria della fine di Saddam Hussein, giungono congratulazioni ma anche appelli ad evitare sanguinose divisioni intestine.

''Gheddafi e' finito. Ora e' il tuo turno, Bashar!'', hanno gridato i dimostranti nella citta' di Maaret al-Numaan, nelle provincia nordorientale di Idlib in Siria, dove anche oggi migliaia di dimostranti sono tornati nelle strade per chiedere la fine del regime del presidente Bashar al Assad. E anche oggi la repressione e' stata sanguinosa, con un bilancio di almeno 19 civili, tra cui un bambino di 8 anni, uccisi in tutto il Paese, secondo gli attivisti anti-regime.

''Ali, tocca a te, a te e a Bashar'', hanno fatto eco decine di migliaia di manifestanti dell'opposizione yemenita scesi nelle strade di Sanaa per chiedere che il presidente Ali Abdallah Saleh lasci il potere dopo 33 anni.

''La morte di Gheddafi ha infiammato i rivoluzionari in tutto il mondo, ma specialmente in Yemen'', ha affermato Walid al Ammari, uno dei portavoce dei giovani attivisti alla testa delle proteste che da nove mesi si susseguono nel Paese. Ma, come ogni venerdi', i sostenitori del presidente Saleh hanno inscenato una contro-manifestazione dopo la preghiera collettiva del mezzogiorno sulla Piazza Sabin, nel sud di Sanaa.

Anche in Giordania, dove gli oppositori non mettono in discussione la figura del re Abdallah, ma chiedono riforme costituzionali che ne limitino i poteri nella nomina dei governi, migliaia di manifestanti di gruppi islamici, attivisti di sinistra e leader tribali sono tornati a scendere in piazza, tra pesanti misure di sicurezza.

In Iraq centinaia di giovani sostenitori del leader radicale sciita Moqtada Sadr hanno inscenato una manifestazione di giubilo a Khalis, nei pressi di Baquba, una cinquantina di chilometri a nord-est di Baghdad, per la fine di colui che accusano tra l'altro di avere ucciso l'Imam sciita irano-libanese Mussa Sadr nel 1978.

Anche il primo ministro Nuri al Maliki ha fatto le sue ''congratulazioni'' al popolo libico e al Consiglio di transizione nazionale, mettendo pero' in guardia i libici dal cadere nella trappola delle divisioni intestine come quelle che dopo la caduta di Saddam Hussein hanno provocato decine di migliaia di morti in Iraq.

In una dichiarazione diffusa dal suo ufficio, il premier iracheno ha salutato ''la fine del despota Gheddafi'', dopo ''quattro decadi contrassegnate dall'ingiustizia e dalla tirannia''.

''Le similitudini nei destini dei tiranni dell'Iraq e della Libia – si afferma ancora nella dichiarazione – sono prova della capacita' del popolo di sconfiggere i despoti''. ''Facciamo appello al popolO libico – conclude la nota -perche' mantenga l'unita' e costruisca una nuova Libia in cui prevalgano la giustizia e la liberta'''.

Nonostante siano scese a livelli molto inferiori rispetto ai picchi raggiunti nel 2006 e 2007, permangono le violenze inter-etniche e inter-confessionali in Iraq, dove gli attentati mortali si susseguono quotidianamente. Dalla caduta del regime di Saddam, nel 2003, oltre centomila iracheni hanno perso la vita, secondo stime del sito Iraq Body Count, e soltanto dall'inizio di ottobre si contano non meno di 221 vittime.

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