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Libia, visita guidata con sorpresa: i cronisti scoprono le foto delle torture di Gheddafi

di Maria Elena Perrero |6 Aprile 2011 18:00

ROMA – Zawiya non porta bene al governo libico: una visita guidata nella cittadina a poche decine di chilometri da Tripoli, con la quale il regime voleva celebrare il ritorno alla normalità, si è trasformato in un clamoroso autogol, con i giornalisti stranieri che hanno scoperto in un cassetto foto che mostrano torture e vessazioni ai danni dei prigionieri.

“Nell’ufficio al secondo piano di una stazione di polizia bruciata – ha rivelato il corrispondente del New York Times da Tripoli, David D. Kirkpatrick – le fotografie sparse sul pavimento raccontano le storie degli sfortunati prigionieri. Alcune mostrano cadaveri che portano i segni di torture. Una mostra cicatrici sulla schiena di un uomo con indosso solo le mutande, un’altra un uomo nudo a faccia in giù sotto un lenzuolo con le mani legate. Le facce dei morti – continua Kirkpatrick – hanno espressioni di terrore. Altre foto mostrano pozze di sangue, un tavolo pieno di vasi, bottiglie e polveri e, in una, una lunga sega”.

“In un’altra stanza tenuta al buio, un inserviente fa il segno di un mitra con le mani e mormora ‘Gheddafi’, a suggerire che quella era una camera di esecuzione”. Certo i funzionari che hanno portato i cronisti a Zawiya non avrebbero immaginato una così clamorosa gaffe. La seconda, se si conta anche la prima ‘visita guidata’ in quella stessa città che il governo assicurava oramai pacificata e sotto il proprio controllo, mentre i cronisti si trovarono di fronte le forze dei ribelli. Oltretutto, tornando nella cittadina dopo qualche settimana, i giornalisti hanno potuto verificare che la moschea che campeggiava sulla piazza principale è stata letteralmente rasa al suolo.

Le foto delle torture scovate a Zawiya confermano poi indirettamente le accuse lanciate ieri dal procuratore della Corte penale internazionale (Cpi): le autorità libiche avevano pianificato di sparare sui dimostranti molto prima che la rivolta scoppiasse. “Abbiamo le prove che dopo le rivolte in Tunisia ed Egitto esponenti del regime hanno pianificato come controllare eventuali disordini in Libia”, ha detto ieri, 5 aprile, Luis Moreno-Ocampo, “Sparare sui civili era un piano predeterminato”.

I numeri della repressione sono ancora incerti, si stima che almeno 1.000 persone abbiano perso la vita. Centinaia poi sarebbero le persone ancora imprigionate, ma i resoconti sono scarsi e difficilmente verificabili. Amnesty International è riuscita a verificare che centinaia di persone risultano ancora scomparse dall’inizio della rivolta a metà febbraio.

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