NEW DELHI – La delicata vicenda dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone torna domani all’attenzione della Corte Suprema indiana che ascolterà dal procuratore generale G.E. Vahanvati su quali basi la polizia investigativa Nia sarà autorizzata a presentare i capi di accusa riguardanti l’incidente del 15 febbraio 2012, al largo del Kerala, in cui morirono due pescatori indiani.
Il ministero dell’Interno potrebbe ufficializzare la volontà, anticipata da un portavoce, di usare una versione “light” della Legge anti-pirateria (Sua Act), senza l’articolo che prevede la pena di morte per chi uccide “in modo illegale o intenzionale” una persona su una nave indiana. Al suo posto la Procura si concentrerebbe su un altro articolo che genericamente parla di “violenze”, mantenendo pero’ lo stesso contesto di “azione terroristica”, ed insistendo quindi su una rotta di collisione con la posizione italiana di rifiuto categorico, come il 9 febbraio ha ricordato il ministro degli Esteri Emma Bonino, dell’ipotesi che i militari italiani possano essere processati come presunti terroristi.
Quanto questa ‘linea rossa’ sia presa sul serio dal governo lo ha dimostrato anche il ministro della Difesa Mario Mauro che è partito per New Delhi e che sarà il 10 febbraio accanto a Latorre e Girone quando la questione sarà discussa in Corte Suprema. L’udienza, nell’aula n.4, è quindi della massima importanza. Lo prova anche l’ampliamento a tre dei giudici che esamineranno il caso, con l’inclusione di Jasti Chelameswar, che ha grande conoscenza del dossier. Firmò infatti con Altamas Kabir la sentenza del 18 gennaio 2013 con le direttive, poi disattese, per rapide indagini e un processo celere per i marò, ora al centro del ricorso italiano.
Nella prima udienza del 3 febbraio il giudice B.S. Chauhan si spazientì con il procuratore Vahanvati che voleva altre “due settimane” per presentare una soluzione a divergenze esistenti nel governo indiano (Esteri contro Interni) sui capi di accusa, e ne aveva concessa una avvertendo che “era un ultimatum”.
E’ difficile prevedere cosa succederà, ma è improbabile che si giunga ad una decisione in una sola seduta. Bisognerà prima vedere come la Corte reagirà all’eventuale conferma del Sua Act, tenendo conto che nella sentenza emessa lo scorso anno, e confermata in un’altra di aprile, quella legge non era fra i quattro strumenti indicati per processare i marò. E’ però certo, è trapelato il 9 febbraio nell’ambasciata d’Italia a New Delhi, che il capo del team di difesa dei marò, Mukul Rahatgi, insorgerebbe decisamente, spalleggiato in questo dall’inviato governativo Staffan de Mistura e dall’ambasciatore Daniele Mancini che saranno presenti in aula.
Se i magistrati indiani non dovessero stoppare “ad limina’ la scelta del Sua Act, i legali di Latorre e Girone chiederanno il massimo tempo possibile per illustrare le incongruenze contenute in questa scelta, e ciò determinerebbe un rinvio dell’udienza di alcuni giorni. Ma anche se accusa e difesa riuscissero ad esporre domani le proprie tesi, i giudici avrebbero lo stesso bisogno di tempo per valutare una decisione che, avallando l’uso della legge per la repressione della pirateria, sarebbe in contraddizione con la precedente sentenza, firmata fra l’altro da un presidente della Corte Suprema, sia pure ora in pensione. Due, e forse tre, sedute potrebbero accompagnare quindi questo nuovo capitolo della vicenda. Un lasso di tempo che non va valutato come “l’ennesimo rinvio”, ma come il momento di decisioni fondamentali, dalle quali dipende tutto il successivo svolgersi della vicenda.