NEW DELHI – Processo ai marò, l’Italia pensa al rimpatrio e vuole ricorrere al Tribunale internazionale Onu del diritto del mare di Amburgo per chiedere una composizione internazionale sul caso dei due fucilieri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. “Abbiamo riproposto con forza la richiesta che i marò tornino in Italia” in attesa di una soluzione sul processo, ha detto l’inviato del governo, Staffan De Mistura.
A New Delhi, intanto, è arrivato anche il ministro della Difesa, Mario Mauro. Mentre la ministra degli Esteri, Emma Bonino, sta valutando se ritirare per protesta l’ambasciatore Daniele Mancini. L’accusa ai marò sulla base della legge sul terrorismo è “assolutamente inaccettabile” e significa che “l’Italia è un Paese terrorista” e l’Italia vuole che la Corte tra una settimana “prenda atto dell’inaccettabilità e dell’irragionevolezza totale di questo capo d’accusa”, ha detto a Bruxelles il ministro degli Esteri.
A schierarsi in modo netto a fianco dell’Italia è anche la rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton che in una conferenza stampa parla di “implicazioni enormi, non solo per l’Italia”. Ashton si dice preoccupata per l’utilizzo della legge anti terrorismo perché perché “questo ha enormi implicazioni per l’Italia, ma anche per tutti i paesi impegnati nelle attività anti-pirateria”.
La Corte suprema di New Delhi ha nuovamente rinviato l’udienza a martedì 18 febbraio, ma nell’udienza di lunedì 10 febbraio la pubblica accusa ha confermato la richiesta che sulla vicenda venga applicata la legge per la repressione della pirateria (Sua act), nonostante la categorica opposizione da parte dell’avvocato della difesa italiana Mukul Roahtgi.
Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, in un tweet ha commentato:
“Inaccettabile l’imputazione proposta dalle autorità indiane. L’uso del concetto di terrorismo da rifiutare in toto, l’Italia e l’Ue reagiranno”.
Illustrando la propria posizione il procuratore generale E.G. Vahanvati ha chiarito che nelle intenzioni del governo il Sua act dovrebbe essere applicato senza una specifica richiesta di pena di morte, ipotizzando cioè un’accusa per violenze in base ad un articolo della legge che comporta fino a dieci anni di carcere.
In un documento di tre pagine, il procuratore generale G. E. Vahanvati ha sostenuto che, sulla base delle assicurazioni fornite dall’India all’Italia sui fatti, “il caso non rientra in quelli rarissimi che contemplano la pena capitale”.
“Continueremo a batterci contro la decisione di utilizzare la legge anti terrorismo Sua Act”, ha detto all’ANSA l’avvocato Mukul Rohatgi, che rappresenta i marò. “I giudici hanno realizzato che c’è un problema perché la soluzione proposta dal Procuratore generale di utilizzare una Sua Act dimezzato non funziona”, ha aggiunto.
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