ROMA – Marò, governo ubriaco: fino a mercoledì diceva che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre dovevano rimanere a tutti i costi in Italia, adesso ha deciso di rimandarli in India, dove sono accusati dell’omicidio di due pescatori del Kerala. Ecosì i due marò hanno salutato le loro famiglie e sono ripartiti per l’India.
I due fucilieri della Marina partiranno giovedì sera accompagnati dal sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, risiederanno nell’ambasciata italiana a New Delhi e avranno “libertà di movimento”. “Potranno anche andare al ristorante se vogliono”, ha detto il sottosegretario. Anche se probabilmente se lo facessero rischierebbero il linciaggio degli indiani.
A motivare l’inversione di marcia clamorosa è stata, secondo fonti di Palazzo Chigi, un’assicurazione scritta sul trattamento che sarà riservato ai marò e sulla “tutela dei loro diritti fondamentali”. In pratica sarebbe stato garantito che, comunque verranno giudicati, Latorre e Girone non saranno condannati a morte. Soddisfatto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Per giustificare il cambio di rotta De Mistura ha detto che il rientro era stato “sospeso” in attesa che Delhi garantisse alcune condizioni. ‘‘La parola data da un italiano è sacra” (sic!), ha aggiunto il sottosegretario. Sul caso dei marò l’Italia chiede ci sia un ”arbitrato internazionale, che venga rispettato il concetto che militari che operano per la propria nazione all’estero vadano giudicati in Italia e nel proprio Paese e che tutto questo venga risolto rapidamente”, ha detto De Mistura.
Per l’India la notizia del ritorno “è un bene per entrambi i Paesi”, ha detto il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid.
Si scioglie così, almeno per il momento, il ghiaccio nelle relazioni tra Roma e Delhi, culminate nella revoca dell’immunità diplomatica e nel divieto di espatrio per l’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini.
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