Marò tornano in India, ministro assicura: “Escluso arresto e pena di morte”

NEW DELHI – I marò sono in viaggio per l’India dove saranno processati per l’omicidio dei due pescatori nel Kerala. L’Italia, con la minaccia di non rimandare i marò in India alla scadenza della licenza, ha ottenuto l’esclusione della pena di morte tra le eventuali condanne per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il ministro indiano degli Esteri, Salman Khurshid, ha assicurato all‘Italia che i marò ”non correvano alcun rischio di arresto” e che il ”loro processo in India non rientrava nei rarissimi casi in cui è prevista l’applicazione della pena di morte“.

Il rientro dei marò nei tempi prestabiliti implica che non ci sarà alcuna procedura da fare nei confronti della Corte Suprema fino al prossimo 2 aprile. Sospese anche le limitazioni poste ai movimenti dell’ambasciatore Daniele Mancini dalla Corte Suprema, che “erano legate al non ritorno dei marò e quindi automaticamente ora perdono effetto”.

Il ministro Salman Khurshid ha spiegato che la decisione dell’Italia “ha mostrato che la diplomazia ha lavorato bene” ed ha accusato la stampa indiana di essere stata troppo “precipitosi ad escludere il lavoro diplomatico”. Giulio Terzi, ministro degli esteri italiano, ha detto: “Non rischiano la pena di morte. Lo “strappo” era necessario per ottenere le garanzie sul trattamento dei due marò e sulla pena”. Il ministro degli esteri indiano ha comunque precisato che “la legge non cambierà il suo corso e che i marò dovranno rispettare la sentenza della Corte Suprema”. 

I pescatori del Kerala hanno accolto con esultanza la notizia del ritorno dei marò che rappresenta ”una vittoria della loro battaglia” per il rispetto della giustizia. Anche il partito dell’Opposizione indu-nazionalista del Bjp, che aveva duramente criticato il governo indiano in Parlamento, ma si è complimentato con la decisione: “Il modo con il quale il governo ha condotto la sua azione diplomatica ha funzionato così come è stato efficace anche il duro giudizio della Corte Suprema”.

Il ministro Terzi, in un’intervista a Repubblica, ha spiegato:

“La situazione si sta normalizzando, e non stiamo mandando i nostri militari allo sbaraglio, incontro ad un destino ignoto. Non rischiano la pena di morte. Lo strappo era necessario, altrimenti non avremmo potuto contrattare con il governo indiano le condizioni attuali, che prevedono per loro condizioni di vivibilità quotidiana nel paese e la garanzia che non verrà applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati”.

Terzi ha chiarito che non ha intenzioni di dimettersi:

“La tensione è salita – rispetto a 2 settimane fa -, si sono manifestate preoccupazioni anche per l’incolumità del nostro ambasciatore, la vicenda ha avuto un risalto internazionale”. Il ministro ritiene che ”la mossa di riportarli in Italia e comunicare che non sarebbero rientrati abbia avuto l’effetto che ci aspettavamo, clamore a parte. Le iniziative delle procure militari e civili inoltre hanno dimostrato che anche dal punto di vista della nostra giustizia Roma non sta con le mani in mano”.

Ora con l’India si è riaperto ”un canale di comunicazione diplomatica e giuridica che si basa sul mutuo rispetto”. E ”non ci sono più le preoccupazioni che avevamo in precedenza” e ”ci muoviamo nell’ambito di leggi internazionali, che devono essere rispettate. Confidiamo che ciò avvenga”.

A decidere il rientro dei marò è stato il Consiglio dei Ministri, in cui “ci sono state sensibilità diverse tra i ministri, ma che tutti hanno lavorato a fondo con la volontà di trovare una soluzione che fosse equa, che ripristinasse dei regolari rapporti diplomatici con l’India e che ci desse garanzie sulla sorte dei nostri fucilieri”. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha poi comunicato ai due marò che sarebbero dovuti tornare in India.

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