Per essere rintracciato in caso di sequestro, il ricco politico messicano Diego Fernandez de Cevallos era arrivato a farsi installare un chip sotto pelle che localizzasse la sua posizione. Fatica sprecata. I narcotrafficanti hanno studiato la situazione, rapito il politco e rimosso il marchingegno.
Sessantanove anni, ex presidente del Senato nel Paese centramericano, Cevallos è in mano ai rapitori dal mese di maggio. Un commando ha fatto irruzione nella sua tenuta di Queretaro e se l’è portato via. Gli ha tolto il chip, ha inviato una foto, e ha iniziato un’estenuante trattativa con la famiglia. La prima richiesta è stata di 50 milioni di dollari, poi scesi a 30.
Sul rapimento hanno iniziato a circolare voci: si era ipotizzato che i banditi volessero barattare la libertà di Cevallos con quella del padrino della coca, Ignacio Coronel Villareal, il cui arresto sarebbe stato tenuto segreto. Poi si è parlato anche del coinvolgimento di una formazione armata dell’estrema sinistra.
In Messico l’industria dei sequestri contende il primato a quella della droga. Dal 2008 una società privata ha lanciato sul mercato il chip anti-sequestro ed è ha riscosso un enorme successo. La «cimice» costa attorno ai 5 mila euro, ai quali bisogna sommare circa 2000 euro di canone annuale. Ma non basta