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Mohammed, carceriere e boia dei suoi schiavi. Causa collisione per nascondersi

di Emiliano Condò |21 Aprile 2015 13:18

I due scafisti fermati a Catania

ROMA – Prima li ha stipati a centinaia nella stiva, come se fossero bestiame o peggio merci. Poi, in un goffo tentativo di salvare se stesso, li ha mandati a sbattere contro il mercantile che li doveva soccorrere, consegnandoli a morte atroce e certa. E’ Mohammed Alì Malek, 27 anni, uno dei due scafisti colpevoli del naufragio in cui sono morte 900 persone. E’ tunisino, è stato arrestato lunedì notte insieme al suo complice siriano, Mahmud Bikhit, 25 anni, uno già responsabile di un altro naufragio, avvenuto un mese prima a largo delle coste libiche.

Si è salvato due volte Bikhit e ha salvato la pelle anche Alì Malek. E quando è stato arrestato ha raccontato la sua versione dei fatti con una lucidità feroce per uno che è responsabile di 900 persone affogate nel mediterraneo. Quando ha visto il mercantile il suo pensiero era solo quello di non finire in carcere. Che da lui dipendesse la vita di quasi mille persone è diventato poco più che un dettaglio:

“Non volevo farmi scoprire e così cercando di nascondermi mi sono distratto e mi sono avvicinato troppo al mercantile, scontrandomi. I passeggeri intanto si erano tutti affacciati da quella parte e così ci siamo rovesciati e il barcone è affondato”.

Li ha uccisi due volte Mohammed. Perché se l’impatto è un “errore” per quanto tragico, è il primo crimine a essere il peggiore. Quel prendere 900 persone e immagazzinarle nella stiva che è diventata una lugubre fossa comune. Se così pochi si sono salvati è proprio per questo. I migranti erano sotto chiave, senza via di fuga. Sono morti in gabbia, senza poter neppure provare a nuotare verso la salvezza.

Si sono salvati soltanto in 28. E tra i 28 ci sono i due responsabili della strage. A distanza di giorni non si sa neppure davvero quanti fossero a bordo: la stima più probabile dice tra gli 850 e i 900. Una risposta potrebbe arrivare da un quaderno trovato a bordo. Pare che i due scafisti lo abbiano usato come rudimentale diario di navigazione: ci dovrebbe essere annotata la rotta, il numero di passeggeri e la loro destinazione finale. Che, per quasi tutti, è stata il fondo del Mediterraneo.

 

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