Ho avuto una rivelazione e l’ho ucciso”, ha detto agli inquirenti l’autista di monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia assassinato giovedì a Iskenderun, nel Sud della Turchia. Una dichiarazione che sembra fugare, almeno in parte, ogni altro possibile movente. Murat Altun, 26enne secondo l’emittente turca Ntv ha confessato l’omicidio del vicario apostolico ed è stato formalmente incriminato dal tribunale della città.
Il mistero e le piste sull’omicidio. Il legale dell’omicida di mons. Padovese insiste e ribadisce: “Il mio cliente soffre di turbe mentali. Ha confessato tutti i dettagli dell’omicidio”. Ma il mistero sul possibile movente che ha guidato la mano dell’assassino resta e si alimentano altre possibili piste.
Il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani è cauto sulle motivazioni che hanno spinto all’omicidio: “occorre far lavorare gli inquirenti”, dice, ma parla anche della necessità di sgombrare “le zone d’ombra” intorno alla vicenda. Tutto da verificare dunque, anche se, dichiara, “in Turchia non mancano gruppi o movimenti di natura xenofoba”, “frange estremiste per niente assimilabili alla stragrande maggioranza della popolazione turca”.
Sospetti emergono anche dalle parole di monsignor Ruggero Franceschini, oggi arcivescovo di Smirne ed ex presidente della Conferenza episcopale della Turchia che dice: “Conoscevo l’autista e non era pazzo, ha lavorato per me per 11 anni ed era una persona tranquilla che non aveva bisogno di alcun aiuto psicologico. Si può pensare che qualcuno si sia servito di lui”. “Era un musulmano – ribadisce – ma molto buono, molto tranquillo”. “Quello dell’instabilità mentale dell’omicida è un luogo comune che era già stato utilizzato per l’assassinio di Don Andrea Santoro, l’aggressione di uno squilibrato è la soluzione più facile per chiudere il caso”. Franceschini punta quindi il dito contro “focolai di estremisti religiosi”.
Sulla stessa linea il cardinale Sergio Sebastiani, ex nunzio Apostolico in Turchia che in un’intervista a La Stampa dice senza esitazioni: Mons. Padovese è stato accoltellato come don Santoro, ucciso 4 anni fa da un assassino istigato e mandato avanti da fanatici”. Parla dunque di un clima di fanatismo e spiega: “Anche l’attentato a Giovanni Paolo II scaturì in Turchia dall’odio anticristiano dei Lupi Grigi”.
Collaboratore del Papa. Un dubbio e un mistero che si fanno ancora più forti se si pensa al ruolo svolto da monsignor Padovese. E’ stato lui, infatti, grande collaboratore del Papa a collaborare alla scrittura della storica preghiera di Ratzinger alla moschea blu di Istanbul nel 2006, c’è la sua impronta nei dossier interreligiosi riservati al Palazzo Apostolico e nell’appello alla pacificazione che il Pontefice avrebbe dovuto pronunciare il 4 giugno, di fronte a lui e a tutto il mondo durante il suo viaggio a Cipro.
I precedenti. L’omicidio di monsignor Padovese non è il primo sacerdote cattolico ucciso nell’area: padre Adriano Franchini, venne assassinato nel 2007 a Izmir al termine della Messa domenicale, don Andrea Santoro fu ucciso nel 2006 a Trabzon mentre pregava in chiesa. Nello stesso anno venne accoltellato a morte fuori della sua parrocchia, a Samsun, anche Padre Brunissen.
Il contesto: dal viaggio del Papa a Cipro alla tensione Israele-Turchia. L’assassinio giunge in un momento importante anche per la Turchia, alla vigilia del delicato viaggio di Benedetto XVI nell’isola di Cipro. Si tratta, infatti, della prima volta in assoluto in duemila anni di storia, che un Papa si reca sull’isola, divisa dalla linea verde che separa la Repubblica greco cipriota del sud, membro della Ue, a maggioranza ortodossa, dai territori del nord, ancora occupati dalle truppe turche e a maggioranza musulmana. Il pontefice farà tappa solo nella Repubblica greco-cipriota e non si spingerà a nord: la sua visita, come ha spiegato lui stesso domenica all’Angelus, ha lo scopo di presentare le linee di lavoro del prossimo Sinodo sul Medio Oriente, in programma in Vaticano in ottobre, e “incontrarsi e pregare con i fedeli cattolici e ortodossi” locali.
La divisione dell’isola non è tra i temi nell’agenda del Pontefice, tuttavia, quasi inevitabilmente il Papa ne dovrà parlare. L’importante viaggio Apostolico si inserisce nella ricerca da parte della Chiesa Cattolica di una sponda a est minacciata dalla penetrazione musulmana: interlocutore privilegiato è la Chiesa Ortodossa. Sebbene non sia ancora pronta una decisiva visita in Russia la diplomazia vaticana intrattiene fruttuosi rapporti con le varie chiese di rito ortodosso di cui l’arcivescovo ortodosso Crisostomo è uno dei più vicini referenti.
A Nicosia, Benedetto XVI alloggerà nella nunziatura apostolica che si trova proprio a ridosso della linea verde, la zona cuscinetto controllata dall’Onu, che spacca in due la capitale. Il nodo irrisolto tra la Repubblica cipriota e i territori sotto occupazione renderanno ogni suo discorso particolarmente delicato. Dovrà stare attento a non urtare sensibilità contrapposte: quelle di uno Stato internazionalmente riconosciuto da un lato e quelle della Turchia dall’altro.
Un momento, dunque, estremamente delicato per la nazione teatro dell’efferato delitto di Don Padovese: quella Turchia che sta vivendo il forte incremento della tensione con Israele dopo l’attacco compiuto dall’esercito di Tel Aviv contro la nave di pcifisti pro-palestinesi battente bandiera turca. Sono turche anche tutte le 8 vittime.
La Cei. «Siamo distrutti, costernati perchè è stato un fatto imprevedibile» dice monsignor Antonio Lucibello, nunzio apostolico in Turchia, che esclude comunque «legami tra l’omicidio di don Santoro e quello di monsignor Padovese». La Cei ha fatto giungere subito un messaggio di cordoglio – a firma del cardinale Angelo Bagnasco e di monsignor Mariano Crociata -, in cui definisce «barbaro assassinio» l’uccisione di Padovese. «Partecipiamo con profondo cordoglio al lutto della Chiesa cattolica in Turchia – si legge -. Mentre deploriamo il barbaro assassinio, ci uniamo al dolore dei fedeli di codesta Chiesa, che ancora una volta viene provata così duramente».
La lettera di Napolitano al Papa. Immediate sono giunte anche le parole di cordoglio del presidente della Repubblica Napolitano. “Il rispetto della presenza cristiana, così come della presenza di ogni altra confessione religiosa” deve essere “impegno comune delle istituzioni e della società in tutti i paesi che vogliano riconoscersi nei principi ispiratori della comunità internazionale”: ha scritto Napolitano in una lettera inviata a Papa Benedetto XVI dopo l’uccisione di mons. Padovese in Turchia. “Al di là delle circostanze del tragico evento – scrive il capo dello Stato che esprime cordoglio e solidarietà – colgo l’occasione per ribadire il mio convincimento che il rispetto della presenza cristiana, così come della presenza di ogni altra confessione religiosa, debba valere come impegno comune delle istituzioni e della società in tutti i paesi che vogliano riconoscersi nei principi ispiratori della comunità internazionale”.
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