Addio all’autore Josè Saramago, Nobel controcorrente

Josè Saramago

Un grande se n’è andato.

E’ morto il poeta, scrittore, giornalista e drammaturgo, oltre che premio Nobel per la letteratura nel 1998  Josè de Sousa Saramago. Si è spento nella sua terra d’elezione, l’isola di Lanzarote, scelta come luogo d’esilio dopo l’ostracismo religioso del natio Portogallo.

Saramago ha lasciato nel suo computer un romanzo incompiuto sul traffico d’armi che aveva intitolato “Alabarde, alabarde, spingarde, spingarde”, usando un verso del poeta e drammaturgo lusitano Gil Vicente.

Dopo aver ultimato “Caino”, Saramago si era rimesso al lavoro su questo romanzo ma si era attardato perché non riusciva a trovare un titolo soddisfacente, data la sua abitudine di decidere il titolo delle proprie opere prima di iniziarle.

Dopo un lunga ricerca, il Nobel ha scovato la soluzione nel verso di Vicente. Lo sforzo era costato allo scrittore una piccola alterazione delle sue costanti vitali che aveva spaventato la famiglia. Ripresosi presto Saramago si era messo a scrivere con impeto, anche se il romanzo gli stava dando più problemi degli anteriori, secondo quanto commentò ai suoi amici.

Sul tavolino del salone il Nobel ha lasciato le sue ultime letture, tra le quali vi sono “Alla cieca”, di Magris, che aveva visitato il Nobel poco fa a Lanzarote, e gli articoli pubblicati da George Steiner su The New Yorker tra il 1967 ed il 1997, che lo scrittore raccomandava vivamente agli amici.

Nato ad Azinhaga, in Portogallo, il 16 novembre del 1922, era malato da tempo. Si è spento nella sua residenza di Tias, tra la primavera e l’estate, quasi a contraddire anche con la propria morte il ciclo di nascita e vita delle stagioni.

Controcorrente, del resto, lo era sempre stato. In religione, definendosi ateo, scrivendo l’irriverente ma sincero Vangelo secondo Gesù Cristo, e pagando con l’esilio la propria sincerità.

In politica, lui, comunista convinto, membro del partito dal 1959, costretto alla clandestinità dal regime di Salazar.

Il suo primo romanzo pubblicato è del 1947, Terra del peccato, al 1966 risale la sua prima raccolta di poesie, I poemi possibili. Direttore letterario e di produzione per dodici anni di una casa editrice e dal 1972 al ’73 curatore del supplemento culturale del Diario de Lisboa.

Sino a metà anni ’70 ha vissuto un periodo di formazione e pubblica poesie, cronache, testi teatrali, novelle e romanzi, ma è solo dopo la Rivoluzione dei Garofani che pian piano nasce un Saramago diverso, vice direttore del quotidiano Diario de Noticias nel ’75 e quindi scrittore a tempo pieno, che libera la narrativa portoghese dalle radici del passato e anche per questo riceverà nel 1998 il premio Nobel per la letteratura.

Nel 1980 pubblica Una terra chiamata Alentejo sulla rivolta della popolazione della regione più ad est del Portogallo. Ma è con Memoriale del convento (1982) che arriva il grande successo, seguito da L’anno della morte di Riccardo Reis.

Negli anni ’90, grazie al Nobel, ha fama internazionale e pubblica ‘L’assedio di Lisbonà, ‘Il Vangelo secondo Gesù’, quindi ‘Cecità’, ‘Tutti i nomi’, ‘La caverna’, ‘L’uomo duplicatò, ‘Le intermittenze della morte’ e ‘Le piccole memorie’.

Tra le sue opere Memoriale dal Convento, Storia dell’assedio di Lisbona, Le intermittenze della morte, e quello che è acclamato dalla critica come il suo capolavoro, Cecità.

Sostenitori dell’iberismo, il movimento che propugna l’unificazione di Spagna e Portogallo, i due paesi della penisola iberica, ha dedicato a quella terra il romanzo La zattera di pietra.

Per le sue posizioni sul conflitto Medio Oriente è stato accusato di antisemitismo, mentre per il Memoriale, ma soprattutto per il suo Vangelo e il testo teatrale La seconda vita di Francesco d’Assisi ha subito gli attacchi dalla Santa Sede.

A noi che restiamo ha lasciato i suoi versi. E forse con uno di questi è giusto ricordarlo.

Traccio un solco per terra, in riva al mare:
e la marea subito lo spiana.
Così è la poesia. La stessa sorte
tocca alla sabbia e tocca alla poesia
al via vai della marea, al vien-vieni della morte.

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