Russia. Mosca espelle giornalista Usa, primo caso da fine guerra fredda

David Satter
David Satter

RUSSIA, MOSCA – Per la prima volta dalla caduta dell’Urss, Mosca ha espulso un giornalista americano come ‘persona non grata’ mettendolo al bando per cinque anni dopo la copertura delle proteste filo europee a Kiev. Si tratta di David Satter, 66 anni, ex corrispondente del Wall Street Journal e del Financial Times, autore di tre libri sull’Unione Sovietica e sulla Russia (uno si intitola ”Ascesa dello Stato criminale russo”) e dal 1993 collaboratore da Mosca per Radio Free Europe/Radio Liberty, l’emittente sponsorizzata dal Congresso Usa.

Un giornalista scomodo per il Cremlino, spesso duramente critico con Putin. ”Ha violato in modo grossolano la legge russa sull’immigrazione soggiornando illegalmente per quattro giorni con il visto scaduto”, dal 22 al 26 novembre scorsi, ha spiegato il ministero degli esteri russi. ”Nel corso di una udienza al tribunale Taganski di Mosca il 29 novembre scorso, David Satter – ha proseguito – e’ stato giudicato colpevole per una infrazione amministrativa. Ha riconosciuto la sua colpevolezza. Il tribunale l’ha condannato ad una ammenda pari a 165 dollari e all’espulsione dalla Russia”. Mosca ha cercato di ridimensionare la vicenda ad ”uno dei 500 mila casi di cittadini stranieri banditi in Russia per un periodo da tre a dieci anni”.

Ma ormai e’ gia’ polemica e guerra diplomatica, dopo che l’ambasciata Usa a Mosca ha emesso una nota di protesta che rischia di accrescere la tensione tra il Cremlino e la Casa Bianca alla vigilia dei Giochi di Sochi, nonostante la ”clemenza olimpica’ putiniana, tra l’amnistia per le Pussy Riot e gli Arctic-30 di Greenpeace, la grazia a Khodorkovski e la promessa che la legge contro il divieto di propaganda gay non comportera’ discriminazioni di sorta. Radio Liberty ha gia’ definito l’accaduto ”una violazione fondamentale del diritto della liberta’ di parola”.

Anche l’Unione giornalisti russi ha condannato l’episodio chiedendo alle autorita’ di far chiarezza. E lo stesso Satter alimenta i sospetti di una espulsione per motivi politici: ”mi conoscono molto, molto bene. Ho scritto sulla Russia e sull’Urss per quarant’anni e nella mia carriera non ho mai visto applicare ad un giornalista il bando sul territorio della Federazione russa su richiesta dei servizi di sicurezza”, ha accusato, anche se in verita’ non manca qualche precedente. Satter ha dipinto la sua come una vicenda kafkiana, raccontando di aver tentato di rinnovare il visto mentre era a Kiev, dove seguiva le manifestazioni contro il presidente ucraino Ianukovich, e di aver ricevuto assicurazioni che l’avrebbe ottenuto, salvo poi sentirsi dire all’ultimo momento che risultava ‘persona non grata’.

Quanto alla sentenza del tribunale Taganski, l’ha liquidata come un ”risibile inganno burocratico, per usare un eufemismo”. L’ultimo caso di un giornalista americano espulso risale ad epoca sovietica, nel 1982, e riguardo’ Andrew Nagorsky, capo ufficio corrispondenza di Newsweek. Negli anni scorsi era toccato

a Luke Harding, il corrispondente da Mosca del quotidiano britannico Guardian, espulso con alcuni pretesti burocratici dopo che aveva lavorato sui documenti segreti di Julian Assange e scritto che sotto Vladimir Putin la Russia era diventata ”praticamente uno stato mafioso”. Tre anni prima era stata messa al bando invece Natalia Morar, giovane giornalista moldava del settimanale russo ‘The new Times’: tra i suoi articoli scottanti, uno intitolato ”La cassa nera del Cremlino”, sui finanziamenti elettorali dell’ amministrazione presidenziale. In Russia i giornalisti scomodi, se non sono esiliati, subiscono forti pressioni, intimidazioni, pestaggi. O vengono uccisi, come accaduto ad Anna Politkovskaia.

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