Mosca, il leader dei ribelli del Caucaso rivendica la strage della metro

L’autoproclamato Emiro del Caucaso del Nord, Doku Umarov, leader dei ‘ribelli’ della regione, ha rivendicato il duplice attentato alla metro di Mosca con un video postato nel sito Kakvakcenter, ritenuto vicino alla guerriglia.

Doku Umarov, l’autore della rivendicazione del duplice attentato alla metro di Mosca, si è autoproclamato Emiro del Caucaso nel 2006 raccogliendo l’eredità del “leggendario” comandante ceceno Shamil Basaiev, eliminato in quell’anno con un blitz delle forze speciali russe.

Combattente durante la prima guerra russo-cecena (1994-1996), Umarov fu il compagno di strada di tutti i dirigenti indipendentisti, ma poi ruppe totalmente con la frangia separatista d’origine e lanciò l’idea di un Emirato del Caucaso. Secondo gli esperti, si tratta dell’evoluzione del terrorismo nella regione, attraverso la trasformazione di un gruppo etnico separatista in un gruppo religioso cementato su base religiosa: l’Islam, con la retorica della Jihad ma senza una dimensione transnazionale: anzi, piuttosto nazionalista.

Negli ultimi anni sarebbe riuscito a reclutare nuove generazioni di combattenti e a creare nuove scuole di kamikaze. Come quella di Said Buriatski, ucciso il 2 marzo scorso dai servizi segreti russi (Fsb): era ritenuto il capo ideologo della guerriglia nella repubblica dell’Inguscezia e la mente dell’attentato al treno Mosca-San Pietroburgo Nievski Express dello scorso novembre (25 morti e 90 feriti). Una settimana fa l’Fsb ha eliminato anche Anzor Astemirov, considerato il capo dei “ribelli” nella repubblica caucasica di Kabardino-Balkaria e stretto alleato di Umarov.

La strage nella metro di Mosca potrebbe essere stata una vendetta per le perdite subite dal gruppo. Ma anche un tentativo, secondo altri esperti, di affermare la propria leadership tra i “ribelli” della regione da parte di Umarov, un quarantacinquenne di poche parole senza il carisma dei suoi predecessori.

A due giorni dall’attentato nella capitale e poche ore dopo il doppio attentato in Daghestan, il presidente russo Dmitri Medvedev condanna l’obiettivo dei ribelli: “la destabilizzazione”. Per il Cremlino si tratta di “anelli della stessa catena”. Anche per il premier Vladimir Putin forse “é stata la stessa banda ad agire”, ossia un gruppo caucasico già sospettato per la strage nelle metro. In serata è arrivata la rivendicazione dell’autoproclamato Emiro del Caucaso, Doku Umarov, leader dei ‘ribelli’ della regione: ho ordinato personalmente gli attacchi a Mosca e gli attentati continueranno in Russia, ha minacciato con un video postato sul sito Kakvakcenter, ritenuto vicino alla guerriglia.

Poche ore prima Shemsettin Batukaev, portavoce della organizzazione per l’Emirato del Caucaso, aveva smentito ogni coinvolgimento sostenendo che il suo gruppo separatista di matrice islamica ha pianificato attacchi sul suolo russo solo contro obiettivi di valore economico, ma non contro civili.

«L’obiettivo dei terroristi è di destabilizzare la situazione nel Paese, distruggere la società civile, diffondere la paura e il panico nella popolazione, ma noi non lo permetteremo», ha assicurato Medvedev, che proprio oggi ha firmato il decreto «per la creazione di un sistema di sicurezza della popolazione nei trasporti».

Costerà decine di miliardi di dollari e sarà operativo entro gennaio 2014, una data non casuale: all’inizio di quell’anno, infatti, sono previsti i Giochi invernali a Soci, sul Mar Nero, a due passi dal Caucaso. E le autorità sono già preoccupate, anche se il primo grande evento da garantire a breve, a parte la Pasqua ortodossa di domenica, è la parata del 9 maggio in piazza Rossa, con leader internazionali e truppe Nato in occasione del 65/0 anniversario della sconfitta del nazismo. In realtà il Cremlino teme una escalation di attentati, soprattutto nel Caucaso del nord, dove sta giocando per la prima volta la carta delle riforme socio-economiche per ridurre il malcontento che alimenta la clandestinità. Il Daghestan, con i suoi 2,5 milioni di abitanti, è la repubblica più grande, popolosa e instabile della regione, nonché la più devota all’Islam. A febbraio Medvedev ha mandato in pensione il vecchio leader Mukhu Aliev, un ex apparatcik sovietico, sostituendolo con l’imprenditore quarantenne Magomedsalam Magomedov, un segno della nuova politica del Cremlino. Dal 1999 la repubblica caucasica ha dichiarato fuorilegge il wahabismo, aprendo una lotta senza quartiere contro moschee e media non ortodossi.

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