Mutilati per colpa degli squali, ora vogliono salvarli dall’estinzione

Anche se gli squali hanno portato via una mano, un braccio o una gamba, gli attivisti di ”Shark Attack Survivors for Shark Preservation” hanno chiesto ai Paesi delle Nazioni Unite di impegnarsi contro l’estinzione dei pescecani.

I mutilati, appoggiati dal centro di ricerche americano Pew Environment Group, hanno lanciato oggi una campagna per far approvare dall’Assemblea Generale dell’Onu una risoluzione per proteggere le specie minacciate dalla pesca indiscriminata: ”Gli squali rischiano di fare la fine dei dinosauri, e dobbiamo evitarlo, lasciando l’ambiente che abbiamo ereditato alle generazioni future”, ha sottolineato Achmat Hassiem, ex bagnino sudafricano che ha perso un piede quattro anni fa.

Gli attivisti si battono per una risoluzione che l’Assemblea inizierà a discutere questa settimana, con possibile approvazione in dicembre, per vietare la pratica del ”finning”. Essa prevede di tagliare la pinna dello squalo (che viene poi lasciato morire) per preparare una prelibata e costosissima zuppa, molto popolare in Asia e consumata fin dai tempi della dinastia Ming.

”Gli incidenti che abbiamo passato mettono alla prova il nostro impegno ambientalista – ha detto l’americana Debbie Salamone, vittima di un attacco a Cape Canaveral – all’inizio volevo vendicarmi, mangiando bistecche di pescecane, ma dopo qualche tempo ho cominciato a vedere le cose in un contesto piu’ ampio: se devo davvero difendere la natura, devo farlo anche gli squali”.

Gli animali vengono pescati in molte parti del mondo. Diverse stime indicano che il 30% della popolazione mondiale degli squali è a rischio. Diverse specie, come lo squalo bruno, lo squalo grigio, lo spinarolo e lo smeriglio rischiano di sparire. Tra i Paesi più attivi ci sono Stati Uniti, Indonesia, Giappone e Spagna. Anche Cina e India si oppongono alle limitazioni per la pesca.

”Il Palazzo di Vetro deve fermare il massacro dei pescecani, che sono una delle chiavi per la vita dell’oceano”, ha reclamato Matt Rand, direttore del programma ‘Global Shark Conservation’ per il Pew Environment Group. Secondo Rand, la riduzione del numero di pescecani porterebbe ad uno squilibrio nell’habitat sottomarino. Con un effetto domino, rischierebbero l’estinzione anche altri animali, come i tonni.

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