ROMA (ANSA) – Nelson Mandela ha passato la sua prima notte a casa con la famiglia dopo 86 giorni trascorsi in un letto di una clinica di Pretoria. Madiba è nella sua villa del quartiere-giardino di Houghton, a Johannesburg, a circa 50 chilometri da Pretoria, assistito dagli stessi medici e dalle stesse macchine che in questi tre mesi lo hanno tenuto in vita e hanno tenuto a bada la grave infezione polmonare che lo ha portato vicino alla morte.
Dunque, Mandela è stato dimesso perché lo stato della sua salute ha effettivamente registrato dei miglioramenti che lasciano sperare, oppure è semplicemente tornato a casa per trascorrere i suoi ultimi giorni fra le mura domestiche, con accanto i suoi cari? Secondo alcuni esperti, come il primario di pneumologia dell’università di Stellenbosch, Elvis Irusen, la strada verso la guarigione è tutta in ripida salita: “Sarà un processo molto difficile – dice, ripreso dai media sudafricani -, ci sono molti fattori che giocano uniti contro di lui”: fra questi oltre all’età avanzata – in luglio il primo presidente nero del Sudafrica democratico e multirazziale ha compiuto 95 anni – c’è la sua storia clinica, cha parla di un degrado generale del suo stato polmonare e di una lunga serie di infezioni gravi – cinque i suoi ricoveri dal peggioramento della sua salute dopo i Mondiali di calcio sudafricani del 2010 – che sono l’eredità dei 18 anni di carcere (su 27 totali) da lui trascorsi a Robben Island.
“Non promette nulla di buono”, conclude il prof. Irusen. Ieri nella stampa sudafricana prevalevano i toni pessimistici, mitigati da un senso di rassegnazione all’idea della morte che ormai si è diffusa, in patria come all’estero. Solo il quotidiano The New Age, considerato vicino al potere e all’Anc, il partito di Mandela, titolava trionfalmente e fuori dal coro “Gioia nel mondo per Mandela”. Alcuni leader tribali si sono fatti anche interpreti dei suoi desideri e vorrebbero che Mandela tornasse a morire nel suo villaggio natale a Qunu, che però si trova a centinaia di chilometri da qualsiasi ospedale. Oggi lo Star di Johannesburg, molto più sobriamente, titola “Mandela è a casa”, ricordando come il suo stato resti “critico” e che in questi quasi tre mesi di degenza l’eroe della lotta antiapartheid è stato rianimato “più di una volta”.
Lunedì diversi giornali, e fra essi il Times, ironizzano sulle “acrobazie verbali” dei comunicati ufficiali della presidenza Zuma, come quella sul suo stato “critico ma stabile”, che sfiorano l’ossimoro. Oppure sulle secche smentite di sabato alle voci che volevano Madiba prossimo a tornare a casa, seguite ieri dall’improvviso annuncio di ciò che fino al giorno prima si era cercato di mettere a tacere. Alcuni osservatori sospettano che l’establishment politico sudafricano cerchi di cavalcare più a lungo e nel modo più proficuo possibile l’onda emotiva suscitata dalla malattia di Mandela, al quale il Paese ha manifestato e continua a manifestare in questi giorni ammirazione, rispetto, amore. Ma anche se la stampa e gli operatori sono relegati in un angolo di strada a 50 metri dall’entrata di casa Mandela, difficilmente la notizia della sua morte potrebbe essere nascosta a lungo. Ed ha buon gioco il Times nel titolare il suo editoriale “Basta sfruttare Mandela, lasciate in pace il vecchio”.
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