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Ogni minuto cinque bimbi muoiono per fame: i numeri drammatici del rapporto di Save the children

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Ogni minuto cinque bimbi muoiono per fame

ROMA – Ogni giorno, nel mondo, settemila bambini sotto i cinque anni muoiono per cause legate alla malnutrizione. Cinque ogni minuto. Bambine e bambini che, a casa loro, in paesi colpiti da carestie e siccità, afflitti dalla povertà estrema o dilaniati da guerre e conflitti, continuano a essere privati di cibo adeguato, acqua pulita e cure mediche.

Save the Children lancia la campagna globale “Fino all’ultimo bambino”, per salvare i bambini che soffrono di malnutrizione e tenere alta l’attenzione su un killer silente e devastante che contribuisce in maniera decisiva alla morte di circa la metà dei 5,4 milioni di minori con meno di cinque anni che ogni anno, a livello globale, perdono la vita per malattie facilmente curabili e prevenibili. 

“Pensare che ogni minuto cinque bambini perdono la vita perché non riescono ad avere accesso a cibo sano, acqua potabile e cure sanitarie, è qualcosa che semplicemente non possiamo e non vogliamo accettare”, afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the Children. “Gli importanti passi avanti fatti nel corso degli anni, che dal 2000 a oggi hanno portato a ridurre da 198 a 151 milioni i bambini malnutriti cronici nel mondo, dimostrano che – aggiunge – la malnutrizione può e deve essere sconfitta. Ma c’è ancora moltissimo da fare e occorre rimboccarsi le maniche per raggiungere l’obiettivo che il mondo si è dato di eliminare tutte le forme di malnutrizione entro il 2030”.

Dal nuovo rapporto di Save the Children, emerge che oggi, nel mondo, oltre 50 milioni di bambini sotto i cinque anni stanno soffrendo le gravissime ripercussioni della malnutrizione acuta, che provoca nel bambino una rapidissima e pericolosa perdita di peso dovuta a una improvvisa carenza di cibo e nutrienti. Un minore su 4, vale a dire 151 milioni di bambini, è invece malnutrito cronico e rischia di subire fortissimi ritardi nella crescita, sia dal punto di vista fisico che cognitivo, che possono compromettere irrimediabilmente il suo stesso futuro.Il numero di persone che oggi soffrono la malnutrizione e l’insicurezza alimentare, inoltre, è ancora aumentato, passando da 804 milioni nel 2016 a 821 milioni nel 2017, circa 1 persona su 9 al mondo.

Conflitti, disastri naturali provocati dai cambiamenti climatici e povertà, evidenzia il rapporto di Save the Children, sono i tre principali fattori che determinano il dilagare della malnutrizione infantile. Nelle zone di conflitto, tra cui Yemen, Siria e Repubblica Democratica del Congo, più di mezzo milione di bambini sotto i 5 anni, potrebbero morire entro la fine dell’anno per malnutrizione se non riceveranno urgente assistenza umanitaria. Allo stesso modo, gli effetti devastanti di una prolungata siccità hanno lasciato 700 mila bambini gravemente malnutriti nel Corno d’Africa, mentre nei contesti particolarmente segnati dalla povertà i minori hanno maggiori probabilità di morire prima di aver compiuto i 5 anni, con 9 bambini su 10 colpiti da malnutrizione acuta che vivono in paesi a medio o basso reddito. “Solo nel 2017, grazie ai nostri programmi di salute e nutrizione, siamo riusciti a raggiungere 33 milioni di bambini in tutto il mondo, fornendo loro semplici soluzioni salva-vita e trattamenti contro la malnutrizione, seguendo le loro mamme prima, durante e dopo la gravidanza e lavorando insieme alle comunità locali per creare le condizioni affinché ogni bambino possa crescere in salute. Continueremo ogni giorno a fare di tutto per salvare i bambini più a rischio”, ha aggiunto Neri.

Il principale fattore di morte e malnutrizione continua a essere la guerra. Oggi, nel mondo, 350 milioni di minori vivono in zone fragili o afflitte dai conflitti e ogni giorno devono fare i conti con gravissimi ostacoli circa l’accesso a cibo, acqua pulita e cure mediche, in moltissimi casi sono tagliati fuori dall’educazione e non possono essere raggiunti dagli aiuti umanitari.

Due bambini su 3 che soffrono di malnutrizione cronica si trovano in paesi dove c’è la guerra, mentre nelle 10 aree maggiormente devastate dai conflitti – RD Congo, Sudan, Afghanistan, Yemen, Somalia, Sud Sudan, Siria, Nigeria, Repubblica Centrafricana e Iraq – più di 4,5 milioni di bambini sotto i cinque anni (in aumento del 20% rispetto al 2016) sono colpiti da malnutrizione acuta grave, la forma più estrema e pericolosa di malnutrizione, con sintomi che includono costole esposte e rilassamento cutaneo, forte perdita di massa corporea, rigonfiamenti dell’addome, delle caviglie e dei piedi, cedimento dei vasi sottocutanei e grave depressione del sistema immunitario.

In questi paesi, più di 590.000 bambini, in media 1.600 al giorno o uno al minuto, rischiano di morire entro la fine dell’anno se non riceveranno trattamenti urgenti e adeguati contro la malnutrizione, di cui oltre 327.000 solo nella Repubblica Democratica del Congo, più di 105.000 in Sudan e circa 72.000 in Afghanistan. In Yemen, a oltre tre anni e mezzo dall’inizio dell’escalation del feroce conflitto, gli ostacoli posti alla distribuzione di cibo e medicine da tutte le parti in causa e i recenti combattimenti per il controllo del porto strategico di Hodeidah hanno spinto il paese sull’orlo della carestia, con più di 5 milioni di bambini costretti ad affrontare la quotidiana carenza di cibo. Un bambino su 2, nel paese, soffre di malnutrizione cronica, mentre quasi 400.000 bambini di età inferiore ai 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave e più di 36.000 rischiano fortemente di perdere la vita prima della fine dell’anno. Le condizioni più drammatiche si registrano nei territori maggiormente devastati e che oggi contano più di 3 milioni di sfollati, come il distretto di Hodeidah, dove 1 bambino su 20 è affetto da malnutrizione acuta grave.

In Siria, dove attualmente circa 3,5 milioni di persone continuano a vivere in zone assediate nelle quali l’accesso ai convogli umanitari viene ancora negato, più di 13 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria con quasi 2.400 bambini sotto i 5 anni a rischio di morte entro fine anno per cause legate alla malnutrizione.Molti minori che vivono in tali contesti potrebbero essere salvati, se si interviene in maniera efficace e puntuale, come ad esempio è avvenuto nei 3 stati nordorientali della Nigeria colpiti duramente dagli scontri armati, Borno, Adamawa e Yobe. Secondo le stime, dopo due anni di intervento continuo, i casi di malnutrizione acuta grave non trattati si sono ridotti a 12.000, anche se 2.000 di questi sono a rischio per la vita se non riceveranno le cure necessarie, ma questo rappresenta un risultato positivo rispetto ai più di 300.000 casi stimati di mancato trattamento e 60.000 bambini morti nel 2016 nei tre Stati.

Ma anche il cambiamento climatico è un importante fattore che porta alla malnutrizione infantile. Oggi fino a 500 milioni di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo e che producono fino all’80% del cibo totale in Asia e Africa subsahariana sono esposti agli effetti dei cambiamenti climatici, spesso costrette ad abbandonare le proprie terre in cerca di condizioni di vita migliori. Le conseguenze sono particolarmente gravi sugli individui più vulnerabili, tra cui soprattutto i bambini i quali in molti casi, oltre a essere privati del cibo necessario per il loro sano sviluppo, sono esposti a meccanismi di sopravvivenza che ne compromettono irrimediabilmente il futuro, come i matrimoni precoci, il lavoro minorile o la prostituzione. Disastri naturali come siccità e inondazioni, inoltre, provocano l’interruzione scolastica per i minori, privandoli così di uno spazio sicuro dove molto spesso viene fornito a loro e alle loro famiglie cibo adeguato, acqua pulita e servizi sanitari.

Nel Corno d’Africa, dove una prolungata siccità ha colpito più di 17 milioni di persone, si stima che oltre 6 milioni di bambini rischiano di abbandonare la scuola. In Etiopia, che nel 2017 ha subito la peggiore crisi idrica degli ultimi 30 anni a causa delle ripetute siccità provocate da El Nino, l’insicurezza alimentare ha colpito circa 5,6 milioni di persone, tra cui 2,7 milioni di bambini e donne in gravidanza o in fase di allattamento. Anche in Kenya la gravissima siccità dello scorso anno, che ha significativamente ridotto la resa dei campi e del bestiame, ha avuto conseguenze devastanti sulla popolazione, specialmente nelle zone più aride, lasciando circa 370 mila bambini e 37 mila donne incinte e neomamme in necessità di assistenza alimentare. L’assenza di cibo e acqua pulita nelle scuole, inoltre, ha costretto quasi 1 milione di bambini ad abbandonare gli studi, così come si sono moltiplicati i casi di colera, dengue e malaria. In Somalia, inoltre, un paese martoriato da un mix micidiale di guerra e cambiamenti climatici dove si conta quasi 1 milione di minori sfollati, nel 2017 più di 6 milioni di persone, di cui la gran parte bambini, aveva bisogno di assistenza umanitaria urgente.

Qui si registra il tasso di mortalità infantile più elevato della regione (127 bambini morti ogni 1.000 nati) e il rischio di contrarre malattie fatali come morbillo o colera è 9 volte superiore alla media. All’inizio del 2018, infine, più di 7 minori su 10, nel paese, non andava a scuola, esposti pertanto ai gravi rischi di sfruttamento, reclutamento forzato nelle guerriglie locali, matrimoni e gravidanze precoci. La povertà continua a rappresentare un freno significativo nella lotta alla malnutrizione. Nei paesi più poveri, infatti, oggi circa 385 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà estrema, spesso privati di cibo adeguato, acqua, servizi sanitari e della possibilità di andare a scuola.

Emblematico, da questo punto di vista, è il dato in base al quale il 90% dei bambini colpiti da malnutrizione acuta vive in paesi a medio o basso reddito. In India, dove la povertà è il principale fattore scatenante della malnutrizione infantile, vive quasi un terzo dei bambini sotto i 5 anni che soffrono di malnutrizione cronica in tutto il mondo (48 milioni) e il tasso di mortalità infantile (39 bambini morti ogni 1.000 nati) è quasi 10 volte più alto rispetto ai paesi dell’Europa occidentale. Solo in Africa subsahariana, inoltre, il 40% della popolazione non ha accesso ad acqua sicura, con punte del 60% nelle zone rurali dell’Africa orientale, e 7 persone su 10 non possono usufruire di servizi sanitari essenziali, con altissimi rischi per i più piccoli di morire per malattie facilmente curabili e prevenibili. In diversi paesi, infine, condizioni di povertà estrema contribuiscono ad esacerbare forme di discriminazione nei confronti di bambine e ragazze, costrette a sposarsi quando ancora troppo giovani per la loro età e a fare i conti con i rischi gravissimi delle gravidanze precoci che a loro volta possono comportare pericolosi deficit nutrizionali.

In Bangladesh, Niger e Repubblica Centrafricana più della metà delle adolescenti è già sposata, mentre nei paesi in via di sviluppo si contano circa 16 milioni di bambine e ragazze che rischiano la vita a causa di complicazioni durante la gravidanza o il parto.Da numerosi anni l’Organizzazione è impegnata su scala mondiale per lottare contro la malnutrizione e salvare le vite dei bambini e delle loro mamme, in aree colpite da conflitti o disastri e dove i sistemi sanitari scarseggiano, attraverso un approccio integrato e multisettoriale alla nutrizione e allo sviluppo. Solo nel 2017, grazie alla campagna Fino all’ultimo bambino, Save the Children ha raggiunto 33 milioni di bambini con i suoi programmi di salute e nutrizione.

I progetti di Save the Children, oltre a prevedere azioni specifiche per trattare i casi di malnutrizione, si estendono anche ai settori dell’istruzione, dell’igiene, della salute e della resilienza ai disastri climatici con l’obiettivo di contribuire anche in maniera indiretta ad aumentare il livello di nutrizione di madri e bambini.

 

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