INDIA, NEW DELHI – Ancora stupri, ancora donne uccise, ancora orrore. L’ondata di violenze consumate nell’Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso dell’India, ha generato nelle ultime due settimane raccapriccio per la brutalità delle aggressioni e grande preoccupazione per l’impunità di cui continuano a godere troppo spesso gli autori.
Soltanto nella giornata di giovedi i media, uno dei quali ha ribattezzato l’Uttar Pradesh come ‘Raper Pradesh’ (Pradesh violentatore), hanno denunciato il rinvenimento nel distretto settentrionale di Bahraich del cadavere di una donna impiccata con un sari ad un albero di guava che, secondo i familiari, sarebbe stata violentata da membri di una “mafia dell’alcool”.
Quindi il ritrovamento alla periferia di un villaggio del distretto di Moradabad del corpo senza vita di una ragazza di 16 anni, anche lei appesa, a mo’ di sfida, al ramo di un albero. E ancora, la disavventura di una sposa di 35 anni che, recatasi nel commissariato di Sumerpur (distretto di Hamirpur) per chiedere il rilascio del marito arrestato per il porto illegale di una pistola, si è trovata violentata dal commissario di turno, senza che i tre agenti presenti sollevassero un dito per soccorrerla. Si è appreso che il commissario è stato arrestato ed i suoi tre subordinati sospesi dal servizio. A fine giornata, infine, si è saputo che un giovane studente di una madrassa (scuola coranica) mercoledi è stato sodomizzato e ucciso in circostanze misteriose. Il suo cadavere, riferiscono le cronache, è apparso su una strada del villaggio di Sarai Raja, nella zona di Mandhata.
Il Vaso di Pandora della violenza sessuale, un fenomeno che colpisce da sempre le donne ‘dalit’ (senza casta) o tribali indiane, si è scoperchiato fragorosamente a metà dicembre 2012 quando è stata la volta di una giovane studentessa di classe media ad essere violentata a morte a New Delhi su un autobus in movimento da un branco di sei persone. Da quel momento, grazie ad una maggiore attenzione dei media, sono emerse, giorno dopo giorno, le brutture di una violenza che mette in pericolo bambine, adolescenti e donne un po’ in tutta l’India. Questo ha aperto un dibattito politico e sociale che non ha dato per il momento frutti concreti, nonostante l’inasprimento delle leggi deciso dal Parlamento indiano.
Nelle ultime due settimane, poi, è apparso chiaro come l’Uttar Pradesh si sia conquistato il diritto di essere considerato “la capitale degli stupri” indiana poichè la maggior parte delle violenze sessuali e delle uccisioni di giovani e donne sono avvenute proprio in questo Stato del nord-est dell’India. Sgomento, orrore e ripulsione ha in questo ambito suscitato la tremenda morte, il 27 maggio scorso, di due cuginette di 14 e 15 anni che, uscite in un campo per l’assenza di un bagno nella loro casa, sono state sequestrate, stuprate da almeno cinque persone, fra cui due poliziotti, e poi impiccate ad un albero di mango del villaggio di Karta nel distretto di Badaun. Il clamore suscitato dalla triste vicenda ha fatto sì che giovedi la polizia criminale indiana (Cbi) ha annunciato di aver sottratto le indagini a quella dell’Uttar Pradesh per assumerle direttamente per conto del governo centrale, ovviamente preoccupato per questo andamento delle cose.
Durante le due settimane di tempo trascorso fra questo episodio e quelli denunciati mercoledi vi è stata una lunga catena di attacchi a bambine, giovanette e perfino ad una giudice che, il 3 giugno scorso, è stata percossa nel distretto di Aligarh da un gruppo di persone che hanno abusato di lei tentando anche di ucciderla, senza però riuscirvi. Questa situazione di emergenza è stata esaminata giovedi a New Delhi in un incontro fra il premier Narendra Modi e il governatore dell’Uttar Pradesh, Akhilesh Yadav. Per il momento nulla si sa di cosa si siano detti i due, ma non è escluso che nei prossimi giorni siano annunciate drastiche misure per cercare di mettere fine alla catena degli orrori che sta compromettendo l’immagine dell’India anche a livello internazionale.
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