Papa Francesco, dopo la scomunica ai mafiosi tuona contro la tortura: “Peccato mortale”

 Papa Francesco, dopo la scomunica ai mafiosi tuona contro la tortura
Papa Francesco nel carcere di Castrovillari che ha visitato sabato 21 giugno (Ansa)

CITTA’ DEL VATICANO – La tortura “è un peccato mortale, è un peccato molto grave”. Il giorno dopo la scomunica ai mafiosi lanciata dalla terra di Calabria, il Papa torna ad alzare la voce. Questa volta è per chi pratica la tortura. “Il 26 giugno prossimo – ha ricordato all’Angelus – ricorrerà la Giornata delle Nazioni Unite per le vittime della tortura. In questa circostanza ribadisco la ferma condanna di ogni forma di tortura”.

Ma il Papa non si limita alla denuncia e chiede alla Chiesa di darsi da fare, di non stare alla finestra. “Invito i cristiani – ha detto Francesco – ad impegnarsi per collaborare alla sua abolizione e sostenere le vittime e i loro familiari”. Francesco dunque avverte: certe forme di male rischiano di allontanare per sempre da Dio. Lo stesso principio per il quale con chiarezza dalla piana di Sibari ha avvertito che i mafiosi sono “scomunicati”.

Fuori per sempre dalla Chiesa, se non si convertono. La stessa durezza con la quale per ben due volte, solo in quest’ultima settimana, aveva parlato della corruzione nelle omelie di Santa Marta. Il Papa della tenerezza non risparmia strali quando l’uomo si accanisce con tale violenza contro un altro uomo. Il peccato mortale, citato oggi da Papa Francesco per coloro che torturano le persone, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica “distrugge la carità nel cuore dell’uomo”, “distoglie l’uomo da Dio” e “se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l’esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell’inferno”. Un monito, quello del Papa, dunque che va ben oltre il richiamo sociale.

E Francesco ha anche invitato, nella festa del Corpus Domini, a farsi “pane spezzato” per gli altri, “un dono di vita”, grazie al quale si può fare carità, si possono includere gli altri, si può vivere fraternamente. “Non è facile amare chi non ci ama”, ha ammesso il Papa. Ma invece è questo l’obiettivo a cui tendere: “Amare come Dio ama, cioè senza misura”.

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