Papa Francesco e dittatura argentina: salvò perseguitati, a rischio personale

ROMA – Papa Francesco e la dittatura argentina: accuse come per Pio XII E’ lecito avere dubbi sul gesuita Jorge Mario Bergoglio, appena eletto Papa con il nome di Francesco, circa presunte ombre nel suo rapporto con la dittatura argentina (1976-1983)? E sulle accuse, mai provate, di una sua responsabilità nella scomparsa di due giovani sacerdoti, desaparecidos per 5 mesi, finiti nel famigerato mattatoio della Scuola Navale Esma (Escuela mecanica del armada) prima di riapparire drogati, torturati e mezzi morti in un campo?

Sono accuse pesanti, che meritano di essere contestualizzate, anche alla luce dell’immensa popolarità raggiunta con la sua elezione al soglio pontificio. Anche l’immagine di Ratzinger, non appena insediato, fu in qualche modo intaccata da una fotografia di lui immortalato adolescente in divisa nazista, prima di accertarne la meno compromettente partecipazione alla Hitlerjugend, la gioventù hitleriana, come peraltro la totalità dei ragazzini tedeschi in quell’epoca tragica.

E il pensiero corre, istintivamente, alla controversa lettura storica del papato di Pio XII, ovvero dei presunti silenzio e acquiescenza di papa Pacelli di fronte agli orrori del nazi-fascismo mentre altri storici ne esaltano invece il talento diplomatico che impedì ulteriori stragi, lo strenuo impegno per evitare la mattanza bellica.

Sulla vicenda dei desaparecidos, che poi desaparecidos tecnicanente non si possono definire perché sono fisicamente ricomparsi vivi anche se con le conseguenze degli intyerrogatori dei militari,  va considerata soprattutto la denuncia contro Bergoglio per presunta complicità nel sequestro di due missionari gesuiti il 23 maggio del 1976:

La denuncia è stata presentata dall’avvocato e portavoce delle organizzazioni di difesa dei diritti umani in Argentina, Marcelo Parilli, che ha chiesto al giudice Norberto Oyarbide di indagare sul ruolo di Bergoglio nella sparizione dei due religiosi a opera della marina militare,

diceva un lancio della agenzia Adn Kronos ad aprile 2005.

Secondo la ricostruzione di giornalisti americani dell’Associated Press, Brian Murphy e Michael Warren, le cose sarebbero andate in modo diverso da quanto sostengono gli accusatori di Jorge Mario Bergoglio:

“Entrambi i sacerdoti furono liberati dopo che il cardinale Bergoglio si mosse in modo straordinario dietro le quinte per salvarli. Arrivò a convincere il prete di famiglia del dittatore Jorge Videla a fingersi malato, in modo che lui stesso Bergoglio, potesse dire la messa nella casa del capo della giunta militare, dove a tu per tu con Videla invocò la grazia. Verosimilmente il suo intervento salvò le vite dei due sacerdoti, ma Bergoglio non rese mai pubblici i dettagli fino all’intervista di Rubin.

Bergoglio disse a Rubin che era solito nascondere persone in immobili di proprietà della Chiesa durante il periodo della dittatura e una volta diede i proprio documenti di identità ad un uomo che gli assomigliava, mettendolo in condizione di fuggire attraverso la frontiera. Tutto questo fu fatto in segreto in un periodo in cui i capi della Chiesa argentina pubblicamente sostenevano la giunta militar e esortavano i cattolici a ristabilire il loro “amore” per il Paese, nonostante il terrore nelle strade”.

“Secondo Rubin, non avere sfidato i dittatori era semplicemente un frutto di pragmatismo in un momento in cui molte persone venivano uccise”.

Non va poi dimenticato che in quel periodo, prima della giunta militare e del suo terrorismo, imperversava in Argentina un terrorismo altrettanto crudele, fatto di rapimenti, attentati e esecuzioni, che a sua volta aveva contribuito a invelenire il clima della Argentina:

“Quando nel 2012 i vescovi argentini fecero un atto di pubbliche scuse per le carenze della Chiesa nella protezione del suo gregge, il comunicato incolpava della violenza di quei tempi, in misura uguale sia la giunta sia i suoi nemici”.

Secondo i suoi accusatori, o denigratori, Bergoglio era appena diventato Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina, subito dopo il golpe. I suoi accusatori gli contestano di aver deliberatamene tolto ogni protezione ai due missionari. Ne parla anche il giornalista Horacio Verbitsky, autore del celebre libro Il volo in cui per la prima volta viene raccontata la sistematica eliminazione dei nemici politici attraverso i “voli della morte”.

Prima, secondo le accuse, avrebbe invitato i due sacerdoti (dei quali uno, secondo voci non loro favorevoli, era colluso con il terrorismo) a abbandonare la loro attività; al loro rifiuto, avrebbe tolto d’imperio l’incarico a Francisco Jalics e Orlandio Yorio, i due sacerdoti, di lavorare presso le comunità di base dove erano attivi anche per la difesa dei diritti dei poveri del barrio. Anche il vescovo di Moron, Miguel Raspanti, ha confidato a Verbitsky il rifiuto opposto da Bergoglio alla sua richiesta di far passare i due giovani sotto la sua giurisdizione e per cui serviva l’autorizzazione del futuro papa. Senza alcuna protezione, il timore che i due finissero nella lista nera insieme a sindacalisti e attivisti di sinistra era fortissimo. Solo pochi giorni dopo il golpe, i due sacerdoti furono sequestrati e finirono alla Scuola Navale per essere torturati.

Nessuna accusa diretta venne dai due. Padre Yorio, morto in Uruguay nel 2000, dichiarò che “non aveva nessun motivo di pensare che Bergoglio fece qualcosa in loro favore, anzi, il contrario”. Padre Jalics, invece, ora risiede in Germania, ma non ha mai voluto parlare del suo sequestro.

Quando nel 2010, fu chiamato a deporre come testimone nel caso del sequestro dei due religiosi, l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio dichiarò di appellarsi all’articolo 250 del Codice penale e beneficiare del diritto riservato alle massime autorità del Paese, dei governatori e dei dignitari religiosi ad esimersi dal testimoniare in tribunale. Giudici, pubblici ministeri, avvocati querelanti, stenografi, tutto il Tribunal Oral Federal n.5  fu traslato all’arcivescovato, in un salone con vista sui giardini della Curia.

La testimonianza di Bergoglio fu giudicata piuttosto reticente (l’avvocato e deputato della Sinistra  Luis Zamora sentenziò “quando uno è reticente sta mentendo”) sebbene improntata a una cordialità costruttiva. In ogni caso, Bergoglio non è mai stato incriminato di alcunché.

Esattamente come per la drammatica vicenda delle centinaia di bambini sottratti ai desaparecidos e dati in adozione a famiglie colluse o vicine al regime: il coinvolgimento di membri del clero è accertato, si invoca per Bergoglio il principio che non poteva non sapere.  In entrambi i casi, costituisce ancora un motivo di divisione e attrito nella società argentina, il giudizio storico sui rapporti tra la Chiesa Cattolica d Buenos Aires e la dittatura.

In occasione dell’elezione a papa, alcuni hanno accolto con entusiasmo il primo pontefice latino-americano, ma non hanno nascosto la delusione nel veder premiata la chiesa più compromessa con i dittatori del sub-continente: in Brasile o in Cile, l’impegno della Chiesa a favorire la transizione verso un assetto democratico e soprattutto vicinanza e protezione dei perseguitati furono un tratto condiviso che non si può estendere alla Chiesa argentina.

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