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Pasqua, dai pastori nomadi agli ebrei alla Eucarestia di Gesù, il rito della vita che rinasce

ROMA – Pasqua, festa mondiale, ha millenarie origini pagane. Si va indietro alle origini della civiltà, ai tempi della preistoria, ai confini di quel territorio noto come mezzaluna fertile dove nacque l’agricoltura e furono addomesticati i primi animali. 

Pasqua è celebrata ogni anno, nel 2020 sarà il giorno 12 aprile, da 2,3 miliardi di cristiani e 25 milioni di ebrei in tutto il mondo.

La Pasqua ebraica è collegata con quella cristiana dalla celebrazione che fece Gesù Cristo.

La Chiesa cattolica tende a rinnegare questo snodo. Preferisce attribuire una originalità assoluta alla benedizione del pane e del vino da parte di Gesù Cristo. 

Nella sua ultima cena, Gesù istituì l’Eucarestia così, per ispirazione divina. Poco rileva che Gesù fosse ebreo, che si trovasse a Gerusalemme per celebrare la Pasqua degli ebrei, che esplicitamente il Vangelo riferisca di quando i discepoli gli chiesero dove intendeva consumare il rito pasquale, ricevendo precise istruzioni logistiche.

Colpisce che un Papa colto e serio come Benedetto XIV, nella sua serie su Gesù, neghi esplicitamente il collegamento. Poi uno ricorda che da cristiano fa Joseph Aloisius Ratzinger, tedesco e tutto torna.

Un articolo di Elon Gilad del 2014, ripubblicato in questa vigilia di Pasqua dal quotidiano israeliano Haaretz, ripercorre le origini della Pasqua.

Non solo, sostiene Gilad, la Pasqua ebraica moderna, nota come Seder si discosta estremamente dalla Pasqua del Vecchio Testamento.

Ma nel corso della stessa antichità la Pasqua ha subito cambiamenti radicali. Si deve andare indietro di trenta secoli.

Tremila anni fa mentre prendeva forma il regno centralizzato israelita, la religione del popolo variava da un’area all’altra e  aveva diverse forme, accenni che si possono leggere nella Bibbia, praticamente l’unica narrazione storica esistente di quel periodo.

Tra le diverse credenze popolari e le pratiche politeiste praticate da questi proto-israeliti, i riti di primavera sembrano aver avuto uno status speciale. Due di questi rituali sarebbero poi stati inclusi nella Pasqua ebraica: Pesach e Hag Hamatzot.

Pesach era un rito di matrice pastorale, il suo scopo quello di scongiurare il male. Era portato avanti dal settore semi nomade della società israelita che si manteneva grazie al bestiame. La primavera segnava un momento cruciale dell’anno, il momento dell’agnello e il segno che presto avrebbero  dovuto migrare per trovare un pascolo estivo al gregge.

Al fine di proteggere il bestiame e le famiglie dai pericoli inevitabili, come offerta macellavano l’ultimo arrivato nel gregge, un agnello o un bambino nel corso di un sanguinoso rituale seguito da una festa in famiglia.  

Hag Hamatzot era invece celebrato dal settore stanziale della società israelita, che viveva nei villaggi e che traeva sussistenza dall’agricoltura. Anche per loro la primavera era un momento cruciale: segnava l’inizio del raccolto, dei cereali da cui dipendeva il loro benessere.

Dei cereali coltivati dagli antichi israeliti in quell’epoca, il primo a essere raccolto era l’orzo. La qualità del pane era inferiore ma ugualmente molto pregiato: non di rado, con il raccolto primaverile, i depositi dell’anno precedente erano  già esauriti e dominava la fame.

Il nuovo pane era azzimo poiché all’epoca il lievito era una porzione di pasta messa da parte dall’ultima partita di pane. Ma a causa dei depositi vuoti non era disponibile. Oltre al fatto che la farina d’orzo non aumenta quasi mai di volume e le tecniche di cottura di quel tempo rendevano sgonfio e duro perfino il pane impastato con farina di grano: il risultato era la matzah, il pane non lievitato.

Ma per le persone affamate anche la matzah era motivo di esultanza ed è possibile immaginare che nei terreni dove si svolgeva la trebbiatura risuonassero la gioia e l’allegria.

Quando si stabilì il regno di Saul, David e Salomone prese forma una religione centralizzata e le due festività iniziarono a fondersi. Il processo fu graduale e culminò con la luna piena a metà del mese di primavera chiamato Nisan.

Il luogo delle celebrazioni fu spostato dalla casa e dalla comunità al Tempio di Gerusalemme.

Un’importante pietra miliare di questo processo fu segnata dalle riforme del 16nne re Giosia nel 622 a.C., come descritto nel capitolo 22 del Secondo libro dei Re.

Secondo il Libro, Giosia ordinò che il Tempio fosse rinnovato. Nel frattempo, mentre il sommo sacerdote Hilkiah stava sgomberando la stanza del tesoro del Tempio, fu trovato il “Libro della Legge”, che si ritiene fosse una prima versione del Libro del Deuteronomio. Ciò portò a una serie di riforme attuate da Giosia così da armonizzare la terra con le ordinanze divine appena scoperte.

Non si supponeva più che fosse una questione di famiglia ma un’osservanza nazionale centralizzata: il Libro del Deuteronomio stabilisce chiaramente che il sacrificio di Pesach non può essere fatto “all’interno di nessuna delle tue porte” ma al Tempio.
A seguito delle riforme di Giosia, la festività veniva celebrata con un pellegrinaggio a Gerusalemme, le persone portavano il loro agnello pasquale al Tempio dove veniva sacrificato.

La festa del pane azzimo iniziava il giorno successivo. A tutti fu ordinato di non mangiare pane lievitato per una settimana, anche se sembra che ciò non fosse accompagnato da alcuna pratica speciale nel Tempio; gli israeliti probabilmente seguirono questo precetto mentre erano sulla strada di casa e nelle loro abitazioni.

Al momento non si hanno maggiori informazioni sulla celebrazione ma potrebbe essere il periodo in cui fu introdotta la storia dell’esodo dall’Egitto.

L’Esodo è senza dubbio il più famoso di tutti i racconti biblici, tuttavia, scrive il giornale israeliano Haaretz, non ci sono prove reali che sia mai realmente accaduto. Quantomeno, non come viene descritto nella Bibbia.

La pratica non durò a lungo. Nel 586 a.C. i Babilonesi saccheggiarono Gerusalemme, il Tempio fu distrutto e iniziò il periodo della storia ebraica chiamato “Cattività babilonese”.

È durante questo periodo, quando l’élite della società giudaica era nella Babilonia relativamente alfabetizzata e cosmopolita, che ebbe luogo la scrittura di molti testi biblici. Ciò include il Libro dell’Esodo, il racconto centrale della Pasqua ebraica. Tra le altre cose, la storia avrebbe unito le persone ed era rivolta anche ai letterati che si trovavano in schiavitù in una terra straniera, sperando di essere liberati da Dio e di tornare in patria.

Furono effettivamente rilasciati, nel 538 a.C., quando Ciro il Grande, re di Persia, sconfisse i babilonesi e annunciò che gli ebrei potevano tornare in patria e dedicare nuovamente il loro tempio.

Nel 516 a.C., al loro ritorno e alla dedicazione del nuovo tempio, fu ripristinata la festa della Pasqua.

Dopo la ridedicazione del tempio, ogni anno i giudei potevano tornare a Gerusalemme pochi giorni prima della festività. Si preparavano alla Pasqua con rigorosi rituali mirati alla purezza.

Entrando nel Tempio in gruppi, il capo di ogni famiglia consegnava l’offerta di animali ai sacerdoti, che l’ uccidevano, ne estraevano il sangue e lo spruzzavano sull’altare. La carcassa veniva restituita alla famiglia che ne aveva fatto dono, poi l’arrostivano e la mangiavano all’interno dei confini del Tempio.

Il giorno successivo le persone si sparpagliavano ma per una settimana continuavano a mangiare pane azzimo.

Durante la nuova dinastia deli Asmonei, il sacrificio dell’offerta di Pesach era fatto dal capo della famiglia, non dai sacerdoti. D’altra parte, durante la settimana successiva a Pesach, c’erano dei sacrifici speciali eseguiti dai sacerdoti e i leviti.

Un’altra innovazione che sembra essere nata sotto la dinastia degli Asmonei furono i canti che lodavano Dio, bere vino durante i pasti familiari e una sorta celebrazione pubblica alla fine della settimana di Hag Hamatzot.

In seguito all’assassinio di Giulio Cesare nel 44 a.C. scoppiò una guerra civile che segnò la scomparsa della dinastia degli Asmonei e nel 37 a.C. l’ascesa di Erode il Grande, come sovrano fantoccio di Roma.

Ciò ebbe scarso impatto sulla Pasqua ebraica, che continuò a essere praticata com’era nel periodo della dinastia degli Asmonei. Tuttavia, il vasto numero di ebrei provenienti da tutto l’Impero romano costrinse a un cambiamento poiché non c’era più spazio per tutti all’interno dei confini del Tempio. Le regole introdotte prevedevano che il pasto potesse essere consumato ovunque all’interno di Gerusalemme.

Il massiccio afflusso di ebrei nella città, allarmò le autorità romane: diverse fonti di quel periodo riportano che durante la Pasqua ebraica, il presidio di Gerusalemme fu fortificato così da essere preparati a qualsiasi difficoltà.

Il pasto della Pasqua ebraica era quello descritto nel Nuovo Testamento, come nell’ultima cena di Gesù.

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