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Pedofilia e Chiesa: emerge nuovo caso in Arizona, il Papa sapeva

di admin |3 Aprile 2010 14:16

Nuovo caso di prete pedofilo emerge in Arizona, in una parrocchia di Tucson. Il prete è stato denunciato al cardinale Josep Ratzinger nel 1992, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma il “caso” è stato risolto solo dodici anni dopo nonostante gli ammonimenti del clero Usa ed è emerso oggi sui media americani.

Le molestie di Padre Michael Teta ai bambini che confessava nella sua parrocchia a Tucson (Arizona) erano cominciate negli anni ’70 ma solo due decenni dopo il prete era finito sotto inchiesta e rimosso dal vescovo Manuel Moreno dal suo ministero.

La richiesta di rimuovere totalmente Teta dai ranghi della Chiesa, giunta a Ratzinger nel 1992, era rimasta però inevasa per dodici anni nonostante le ripetute richieste inviate al Vaticano del vescovo Moreno che giudicava ”satanico” il comportamento del prete nei confronti dei minorenni. I documenti sul caso sono stati diffusi da un legale che rappresenta due delle vittime di padre Teta.

Secondo i documenti in mano all’Ap, forniti dal legale di due delle vittime degli abusi, un tribunale ecclesiastico nel 1990 accertò che nel 1978 il sacerdote Michael Teta aveva abusato di due bambini di 7 e 9 anni che preparavano la prima comunione, dopo il suo arrivo nella diocesi di Tucson, in Arizona. Il cardinale Ratzinger, informato della vicenda, l’8 giugno del 1992 scrisse al vescovo Moreno assicurandogli che si sarebbe occupato del caso. Il prete fu rimosso dal suo incarico da Moreno, ma affinché fosse sconsacrato era necessario l’intervento del Vaticano. Il 28 aprile del 1997 il vescovo Moreno scrisse nuovamente al cardinale Ratzinger chiedendogli di intervenire nel caso, ma solo nel 2004 Teta fu sconsacrato.

La replica di padre Lombardi. Immediata la risposta del Vaticano che attraverso il suo portavoce, padro Federico Lombardi, afferma che la presentazione del caso Teta “è fuorviante”. “Dalla documentazione – dichiara Lombardi – risulta infatti con chiarezza e certezza che i responsabili della congregazione per la dottrina della fede si sono più volte interessati attivamente nel corso degli anni 90 perché il processo canonico in corso nella diocesi di Tucson fosse portato a termine debitamente, ciò che avvenne nel 1997, con sentenza di riduzione allo stato laicale”.

Padre Lombardi ricorda che sul caso di padre Michael Teta il vescovo di Tucson, mon signor Gerald Kicanas, aveva già risposto “con precisione” alle domande della stampa locale, che ha pubblicato anche le lettere provenienti dalla congregazione per la dottrina della fede. “Il reverendo Teta – precisa ancora il direttore della sala stampa vaticana – presentò però appello contro la sentenza e il suo ricorso pervenne al tribunale della congregazione quando era stata già avviata la revisione delle norme canoniche precedentemente in vigore. Gli appelli rimasero perciò pendenti fino all’entrata in vigore della nuova legislazione nel 2001” quando “tutti gli appelli pendenti furono tempestivamente trattati, e quello del caso Teta fu uno dei primi a essere discusso. Ciò richiese del tempo, anche perché la documentazione prodotta era particolarmente voluminosa”.

La Chiesa si smarca dalle parole di Cantalamessa. Sdegnata reazione della comunità ebraica internazionale di fronte all’iniziativa del predicatore papale Raniero Cantalamessa, che ieri durante le celebrazioni del Venerdì Santo, davanti a Papa Benedetto XVI, ha paragonato “l’attacco violento e concentrico” di cui Ratzinger sarebbe vittima a causa delle polemiche sui preti pedofili alle persecuzioni antisemite. Un paragone che è “un insulto e un’impertinenza”, commenta oggi il segretario generale del Consiglio centrale ebraico tedesco, Stephan Kramer. Il Vaticano decide dunque di prendere le distanze.

Sempre padre Lombardi, da Radio Vaticana, afferma: “Avvicinare gli attacchi al Papa per lo scandalo pedofilia all’antisemitismo non è la linea seguita dalla Santa Sede”.

“Padre Cantalamessa – aggiunge Lombardi – ha solo voluto rendere nota la solidarietà al Pontefice espressa da un ebreo alla luce della particolare esperienza di dolore subita dal suo popolo. Ma è stata una citazione che poteva dare adito a malintesi”, ha aggiunto.

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