Per una volta i pellerossa hanno battuto gli americani. La tribù degli Havasupai ha vinto una causa da 700 mila dollari contro l’Arizona State University, accusata di aver utilizzato il Dna degli indigeni d’America senza autorizzazione.
Nel 1990 i ricercatori hanno prelevato il sangue degli indiani con lo scopo di cercare di individuare le cause dell’altissima incidenza di diabete di tipo 2 tra gli individui della tribù, ma non si sono limitati a questo obiettivo e hanno usato i campioni in loro possesso per studi sulle malattie mentali, sull’alcolismo e sull’origine geografica dei pellerossa in esame.
Peccato che anche se l’intenzione era di tutto rispetto l’Università non aveva ben informato gli Havasupai. Alla tribù infatti erano stati fatti firmare dei documenti in inglese, seconda lingua conosciuta, visto che il cento per cento dei Havasupai continua a usare il dialetto indigeno. Inoltre tra questi nativi d’America, in tutto sono 650 e vivono nella zona del Gran Canyon, sono pochi quelli che hanno un’istruzione che raggiunga almeno il diploma di scuola superiore. Risultato: il Board of Regents dell’Università dell’Arizona ha riconosciuto alla tribù il maxi risarcimento e la restituzione dei campioni di sangue.
Lo studio dell’Arizona State University parte da una, impropriamente definita, epidemia di diabete degli anni 60. Questo ha comportato frequenti amputazioni di arti inferiori e l’abbandono delle terre natie per sottoporsi alla dialisi. Nel 1989 un rappresentante della tribù ha chiesto a un antropologo dell’Arizona State University, il dottor John Martyn, di aiutarlo a trovare un medico che potesse fermare il diffondersi della malattia. Questo ha contattato un genetista del suo stesso ateneo e, una volta ottenuti i finanziamenti per la ricerca, i due hanno dato il via ai prelievi di sangue. I capi della tribù hanno convinto la popolazione a sottoporsi agli esami dicendo loro che questo veniva fatto con l’unico fine di salvaguardare la salute del «popolo delle acque verdi e blu».
Per quanto riguarda il diabete, gli studiosi non sono arrivati a comprendere le ragioni della diffusione della malattia tra gli Havasupai. Ma nei mesi successivi al termine della ricerca sono stati pubblicati numerosi articoli basati sui campioni prelevati ai membri della tribù. I temi scientifici spaziavano dall’inbreeding, una teoria di predisposizione alle malattie di una popolazione di individui geneticamente identici, al fatto che gli Havasupai avessero attraversato il Mare di Bering, provenienti dall’Asia, prima di insediarsi nel Grand Canyon. Teoria, quest’ultima che, benché nota, offende la tradizione tribale che li vuole nati tra le alte gole scavate dal fiume Colorado con il compito di custodire il territorio. È anche per questo che già sette anni fa gli Havasupai, come punizione nei confronti di chi li aveva traditi, avevano emesso un veto per qualunque dipendente dell’Arizona State University a mettere piede sul loro territorio.