Pena di morte: condannato rilasciato in cambio dell’esilio

Un tribunale dell’ Oklahoma e un uomo condannato a morte per un delitto che sostiene di non avere commesso ma che lo ha portato nel braccio della morte, hanno raggiunto un accordo inconsueto: la vita in cambio dell’esilio. Riconoscendo la propria colpevolezza James Fisher, un nero di 46 anni, arrestato nel 1983 nello Stato di New York con l’accusa di avere commesso un omicidio un anno prima in Oklahoma, ha ottenuto infatti la libertà, ma a una sola condizione: non rimettere mai più piede nel piccolo Stato a nord del Texas.

Della vicenda, avvenuta il mese scorso, parla il New York Times. A Fisher il giudice ha detto: ”Non potrai mai ritornare, mai. Se ammetti la tua colpevolezza in questo delitto di tanti anni fa ad Oklahoma City, uscirai dal carcere, nel quale hai passato la maggior parte dei 27 anni nel braccio della morte. Ma una volta libero, l’accesso dell’Oklahoma ti verrà negato. Ok?”. ”Ok”, ha detto James Fisher – racconta in un lungo reportage da Montgomery, in Alabama, il giornalista Dan Barry – scambiando l’uniforme bianco e nera del carcere con una camicia a righine celesti.

Il 12 dicembre 1982 un bianco, Terry Neal, viene trovato morto nel suo appartamento, ucciso con il collo di una bottiglia rotta. Un giovane viene arrestato, ma sostiene che l’assassino è Fisher: Neal voleva avere rapporti sessuali a pagamento con tutti e due e poi le cose sono andate male.

Fisher viene arrestato a New York, viene riportato in Oklahoma, dove si proclama innocente dinnanzi al giudice. Difeso senza passione da un avvocato nero che odia gli omosessuali, l’uomo viene condannato a morte. Per ben due volte, nel corso degli anni, Fisher presenta un ricorso in appello, ma la pena viene ogni volta confermata. La terza è la volta buona, ed oltre a dichiararsi colpevole, Fisher accetta di partecipare ad un corso di reinserimento a Montgomery, in Alabama.

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