NEW YORK – Un poderoso studio statistico sulle ‘cause e il contesto degli abusi sessuali sui minori da parte dei preti cattolici negli Stati Uniti dal 1950 al 2010’, commissionato dalla Conferenza Episcopale Usa, realizzato dal John Jay college of criminal justice di New York e pubblicato in questi giorni a Washington, smentisce alcuni luoghi comuni quali la correlazione tra la pedofilia e l’omosessualità o la pedofilia e il celibato e punta invece l’attenzione sul contesto sociale della ‘rivoluzione’ del 1968 e sulla formazione dei preti. Il rapporto precisa che non c’è “alcuna singola causa identificabile per i comportamenti abusivi nei confronti dei minori”.
Lo studio esclude il fatto che, a dispetto di “diffuse speculazioni”, sia “significativamente più probabile” che a compiere gli abusi sui minori siano sacerdoti omosessuali rispetto ai sacerdoti eterosessuali (un possibile motivo del fatto che un gran numero di abusati siano di sesso maschile è solo il più facile accesso a loro da parte dei sacerdoti). Viene escluso anche il celibato come causa della pedofilia: “Sempre presente nella chiesa cattolica dall’undicesimo secolo – vi si legge – non può essere considerata una causa per l’aumento e il successivo declino degli abusi dagli anni sessanta a tutti gli anni ottanta”.
Inoltre, “la maggioranza degli abusatori (70%) è stata ordinata prima degli anni settanta” e il 44% è divenuta sacerdote prima del 1960, e dunque prima anche del concilio vaticano ii. Anche se il numero di denunce per pedofilia è aumentato solo negli ultimi anni, l’andamento degli abusi è a campana, con un aumento contante dall’inizio degli anni sessanta per tutti gli anni settanta, un picco negli anni 1975-1979 (1.757 Casi) e un declino ininterrotto negli anni ottanta. Lo studio, realizzato tramite formulari inviati a tutte le diocesi degli stati uniti (ha risposto il 97% di esse) e agli ordini religiosi, registra un numero complessivo di abusi, dal 1950 al 2002, di 4.392 Preti pedofili su un totale di 109.694. Il numero di preti accusati è dunque del 4 per cento.
La maggiora parte delle vittime (51%) aveva un’età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Lo studio, peraltro, afferma che non è “né possibile né desiderabile mettere in pratica restrizioni ampie tra minori e preti dato che la maggior parte di preti non ha abusato sessualmente dei minori”. Diverse le cause individuate dal rapporto usa per spiegare l’andamento degli abusi sessuali sui minori. “L’aumento di frequenza negli anni sessanta e settanta è coerente con la tendenza di un aumento della devianza nella società di quel tempo, come l’uso della droga e il crimine”, ha spiegato karen terry, principale responsabile dello studio, sottolineando che negli stessi anni è aumentato, negli usa, il sesso pre-matrimoniale e i divorzi.
Lo studio mette in luce, poi, la mancanza di formazione. Le “influenze sociali”, più in generale, “si sono intersecate con le vulnerabilità di singoli preti la cui praparazione ad una vita celibataria all’epoca era inadeguata”. Sebbene quella dei preti pedofili sia una “popolazione eterogenea”, la maggioranza di essi “sembra avere avuto certe vulnerabilità” come una “congruenza emozionale con gli adolescenti” o una difficoltà ad interagire con gli adulti. Alcuni dei preti ‘predatori’ sono stati a loro volta abusati da piccoli.
“Essere stato sessualmente abusato da un adulto quando erano minori aumenta il rischio che i preti abusino da grandi di un bambino”. Inoltre, “l’abuso avviene più probabilmente in un momento di stress, solitudine e isolamento”, si legge nello studio, che precisa che i motivi di stress occasionale non sono delle vere e proprie cause dell’abuso ma possono innescarlo. Il rapporto rileva che nella chiesa e tra i vescovi la consapevolezza dello scandalo della pedofilia è aumentato nel tempo, e anche questo può essere una causa della diminuzione degli ultimi anni. “Sapendo che i potenziali abusatori non saranno identificabili prima che l’abuso avvenga, e sapendo che molti preti hanno delle vulnerabilità che possono portare ad adottare comportamenti devianti – vi si legge – è importante ridurre le opportunità di abuso.
La chiesa ha fato un passo importante nella riduzione del riscio con programmi educativi per un ambiente sano; l’educazione post-ordinazione e la valutazione possono anche svolgere un ruolo nella riduzione ulteriore della possibilità di abuso”. Il rapporto sottolinea che i suoi risultato possono fornire un quadro per capire il problema della pedofilia “in ogni istituzione”. La conferenza episcopale usa sottolinea che la chiesa è l’unica istituzione ad aver intrapreso uno studio pubblico sugli abusi sessuali sui minori come quello appena pubblicato.