GAZA, 13 AGO – Nella testata del missile israeliano che ha ucciso Simone Camilli ”c’era un sorta di trappola”, testimonia un superstite all’esplosione che ha provocato sette morti a Beit Lahiya, nord di Gaza. Lo sostiene il fratello di uno dei tre artificieri palestinesi rimasti uccisi.
Insieme col giornalista italiano sono morti: Ali Shehda Abu Afash, traduttore palestinese che lavorava con Camilli per l’AP; gli artificieri Ayssir Hum, Hazem Abu Murad e Bilal Sultan. In totale i morti sono stati cinque e i feriti gravi quattro, fra i quali il fotografo dell’Ap Hatem Moussa.
Najy Abu Murad ha detto all’Ansa che il fratello Hazem (un alto ufficiale della polizia di Gaza rimasto ucciso nella deflagrazione) era un professionista nella neutralizzazione di quel genere di ordigni e che procedeva sempre con grande cautela. La sua convinzione è che la bomba israeliana sia stata manipolata ”nell’intento di provocare vittime”.
Le operazioni di neutralizzazione erano iniziate nella prima mattinata quando l’ordigno era stato trasferito da una località vicina ai grattacieli di Sheikh Zayed, presso Beit Lahiya, in un campo di calcio distante oltre cento metri. Questa precauzione, secondo Najy Abu Murad, ha poi salvato altre vite umane. In quel campo di calcio, nei giorni scorsi, erano stati neutralizzati altri ordigni rimasti sul terreno. Oggi le operazioni degli artificieri erano seguite da tre giornalisti molto esperti e conosciuti a Gaza, tra cui il videoreporter italiano.
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