ISTANBUL – Bambini sfigurati dalle ustioni negli ospedali: i curdi mostrano al mondo le immagini di queste piccole vittime per denunciare il presunto uso di armi chimiche vietate nei bombardamenti turchi sulla città sotto assedio di Ras al Ayn, nel nord della Siria, appena oltre il confine.
“Fosforo bianco e napalm” usati in modo indiscriminato di fronte alla resistenza curda, denunciano invocando il ritorno delle ong internazionali “per investigare”. Accuse seccamente respinte da Ankara. “Tutti sanno che l’esercito turco non ha armi chimiche nel suo arsenale. Alcune informazioni ci indicano che” i curdi dello “Ypg usano armi chimiche per poi accusare la Turchia”, ha replicato il ministro della Difesa turco Hulusi Akar.
Ombre che pesano sul governo di Recep Tayyip Erdogan mentre si acuisce lo scontro con gli Stati Uniti. Fonti vicine al presidente turco hanno fatto sapere che la lettera inviatagli da Donald Trump il 9 ottobre scorso per fermare all’ultimo l’attacco è finita direttamente “nella spazzatura”, anche perché “priva di cortesia diplomatica”.
Nella missiva, filtrata ai media, il tycoon lo invitava a “non fare il duro” e “non fare lo scemo”, cercando piuttosto “un buon accordo”. Polemiche che hanno reso ancor più tesa la missione oggi, 17 ottobre, ad Ankara del vicepresidente americano Mike Pence per cercare una tregua insieme al segretario di Stato Mike Pompeo, al consigliere per la Sicurezza nazionale Robert O’Brien e all’inviato speciale per la Siria e la lotta all’Isis James Jeffrey.
L’offensiva, che ha già provocato quasi cento morti civili e 300 mila sfollati, non si ferma. Ras al Ayn rimane sotto assedio dopo tre giorni di intensi raid aerei e martellamenti d’artiglieria. Le autorità curde chiedono alla comunità internazionale l’apertura di corridoi umanitari per evacuare i civili, dopo che un ospedale è stato colpito, lasciando intrappolati pazienti e personale sanitario. Ma Erdogan non sembra intenzionato a fare sconti.
Il leader turco ha fretta di prendere la città, come gli altri centri nel mirino, prima di sedersi al tavolo con Vladimir Putin martedì a Sochi, dove potrebbe definirsi una tregua sostanziale – se non formale – con la spartizione del Rojava in zone d’influenza.
L’inviato del Cremlino Alexander Lavrentyev era oggi ad Ankara per tracciare una possibile nuova mappa del nord della Siria, dopo aver consultato ieri a Teheran l’altro grande azionista del regime di Bashar al Assad. “La Russia trasmette i messaggi tra Damasco e Ankara. Se la Russia toglie gli elementi (curdi) dell’Ypg dalla regione insieme all’esercito siriano, non ci opporremo”, ha detto chiaramente il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Del resto, la richiesta di protezione dei curdi a Mosca e Damasco ha ottenuto anche la benedizione di Trump, secondo il loro comandante Mazloum Kobani.
Raid e scontri proseguono anche nel resto dell’area a est del fiume Eufrate. La Turchia aggiorna il suo bollettino di guerra a 702 “terroristi neutralizzati” (uccisi, feriti o catturati) e quasi 600 disertori. La britannica Ondus fissa invece il numero dei combattenti curdi morti a 224, a fronte di 183 miliziani filo-Ankara. Una situazione di caos nelle cui maglie cresce il rischio di fuga di membri dell’Isis. Secondo i curdi, due jihadisti di nazionalità belga sono scappati dalla prigione di Ayn Issa, tra Raqqa e il confine turco. E lo stesso Califfato ha rivendicato un attacco al carcere di Mahmudli, ancora nell’area di Raqqa, da cui avrebbe liberato diverse donne imparentate con jihadisti. (Fonte: Ansa)