Siria, il capo dei ribelli: “Non siamo responsabili degli attentati nelle città”

BEIRUT – Non siamo responsabili degli attentati nelle città siriane, prendiamo di mira solo le unità militari governative: così il colonnello Riad al Assaad, disertore e capo delle operazioni militari dell'Esercito libero siriano, prende le distanze – in un'intervista pubblicata sulla stampa panaraba – dai recenti "attentati" a Damasco e ad Aleppo, dai media ufficiali siriani attribuiti a "terroristi", termine usato per indicare i ribelli anti-regime.

"Facciamo uso solo di ordigni contro i mezzi militari… gli attentati non rientrano nei nostri metodi e comunque non ne abbiamo bisogno", afferma Assaad in un'intervista apparsa stamani sul quotidiano panarabo saudita Asharq al Awsat.

Damasco accusa Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Israele, Stati Uniti e Francia di armare e finanziare i terroristi stranieri. Il colonnello al Assaad, è da circa un anno rifugiato in Turchia dopo aver disertato. "Non riceviamo aiuti finanziari da nessun Paese in particolare", ribatte. "Ma ci sostengono cittadini siriani", afferma.

Circa dieci giorni fa, una nave proveniente dall'Egitto e contenente un ingente carico di armi era stata fermata a largo delle coste libanesi. Da più parti in Libano, governato da un esecutivo dominato dal movimento sciita Hezbollah alleato della Siria e dell'Iran, si è affermato che le armi erano dirette ai ribelli siriani anti-regime.

Accuse respinte dal colonnello Assaad: "Tutti sappiamo chi ha in mano le redini del gioco in Libano… è un governo vicino al regime siriano. Hanno preso strette misure per impedire il contrabbando (di armi). Non possono accusarci di questo".

Tra febbraio e marzo scorsi, l'Esl ha perso le importanti roccaforti a Homs e Idlib, nel centro e nel nord del Paese, ritirandosi a ridosso del confine libanese e turco. "Siamo usciti dalle città soltanto per evitare che venisse presa di mira la cittadinanza – ha detto il colonnello disertore – e non dare il pretesto al regime di dire che non ci atteniamo al cessate il fuoco".

Dal 12 aprile è virtualmente in vigore un cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite. Centinaia di persone sono morte in queste tre settimane, secondo il bilancio aggiornato degli attivisti.

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