Siria: repressione all’alba, 24 morti. Roma richiama l’ambasciatore

ROMA – In Siria si continua a morire per la repressione violenta delle truppe fedeli al regime di Bashar al-Assad. Un assalto condotto all’alba dalle forze di sicurezza siriane a Damasco, nel quartiere di Erbin, ha causato almeno sei morti e alcune decine di feriti, secondo quanto denunciano i residenti della capitale, testimoniando l’intensificarsi della repressione messa in attonei confronti dei rivoltosi. Si tratta del primo attacco condotto dalle truppe siriane dall’inizio del Ramadan, lunedì. E proprio nella giornata di lunedì, secondo quanto riferito da Rami Abdel Rahmane, capo dell’Osservatorio siriano per i diritti dell’Uomo, sono stati contati almeno 24 civili uccisi, dieci dei quali dopo la preghiera del Tarawih», che ha luogo tutte le sere durante il mese sacro.

Nel frattempo, si è conclusa con un nulla di fatto la riunione a porte chiuse, durata oltre un’ora, che il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dedicato alla crisi in Siria. La riunione è stata aggiornata nel tentativo di trovare un’intesa tra i membri del Consiglio per giungere a una condanna della violenta repressione messa in atto dal regime. Europei ed americani hanno provato a negoziare un accordo. Durante le discussioni a porte chiuse, un alto responsabile dell’Onu ha detto che in Siria, oltre ai circa 150 morti degli ultimi due giorni (ma secondo alcune fonti le stime andrebbero raddoppiate), si contano anche 3.000 scomparsi e circa 12.000 persone imprigionate.

Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo, sostenuti dagli Stati Uniti, hanno fatto pressioni per l’adozione di una risoluzione di condanna della repressione siriana: su questa base i lavori potrebbero riprendere già oggi. Ma alcuni diplomatici hanno tuttavia indicato come molto più probabile un’intesa al Consiglio di sicurezza su una semplice dichiarazione, non costrittiva. La Russia e la Cina, due dei cinque membri permanenti del Consiglio, infatti hanno già minacciato di opporre il loro veto a un progetto di risoluzione, sostenute da Brasile, India e Sudafrica.

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