La “muraglia della rete”, la terribile censura che si abbatte sul web cinese, non ha potuto resistere all’invasione dei siti porno. Le pagine web a carattere osceno, di regola bloccate assieme a quelle politicamente sensibili, hanno buttato giù qualche mattone e sono ricomparse. Un’opera di “disarmonizzazione”, che si scontra con la quotidiana censura online o “armonizzazione”, come la chiamano i netizen (le persone che partecipano attivamente alla vita di Internet) cinesi. Fatto sta che alcuni siti prima censurati sono tornati ad essere accessibili.
Il motivo della resurrezione dei siti porno è un mistero. Al momento non è stata fornita alcuna spiegazione ufficiale del fenomeno, che va contro la più ampia operazione di moralizzazione dei costumi della società cinese che non tocca solamente internet. Solo qualche mese fa le autorità avevano pubblicizzato in maniera estrema l’operazione di “bonifica” del web. A Pechino, il capo della polizia Fu Zhenghua ha scatenato un’operazione a tappeto contro locali dove lavoravano prostitute e contro bordelli più o meno mascherati. A Nachino, infine, un professore che organizzava orge e scambi di partner è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere.
Dietro alla “disarmonizzazione” dei siti porno non ci sarebbero motivi politici. E’ quanto afferma Kaiser Kuo, un analista interpellato dalla Associated Press: “Non c’è nessuna politica dietro questo fenomeno”. La ragione della ricomparsa delle pagine web osè sarebbe dunque da ricercare in una falla del sistema. Tanto più che, ironia della sorte, avviene nel giorno esatto del 21° anniversario della repressione della Tienanmen.